Cenni storici
Alla storia di Capua hanno contribuito in varia misura, tra vicende di luce e di lutto, osci ed etruschi, sanniti e romani, cartaginesi e greci, bizantini e saraceni, longobardi e normanni, svevi ed angioini, aragonesi e borboni, lasciando impresso ciascuno di essi un segno di grandezza non delebile nelle sue mura e nelle sue memorie. Intorno al nome del suo fondatore ruota una girandola di mitiche e variegate ascendenze, se e vero che per Dionigi di Alicarnasso e Remo che la chiamo cosi “dal bisnonno Capys” (Arc., I, 73); per Ecateo di Mileto fu “Capy troiano” (Per. Fram. I, 70); mentre per Livio i Sanniti l’avrebbero cosi denominata “dal carattere campestre della sua posizione” (AUc., IV, 37). Essa, di fatto, estesa e distesa in un giardino che dalle falde del monte Tifata toccava le rive del Volturno e quelle del mare Tirreno ebbe origine nell’VIII secolo secondo il parere di Velleio Patercolo (Storie I, VII) confermato dal ritrovamento di necropoli che hanno chiare attinenze con la cultura villanoviana. E da primitivo villaggio di capanne osco si trasformo in agglomerato urbano alla fine del secolo che vide la colonizzazione greca della Campania.
Nel VI secolo gli Etruschi che si erano insignoriti di quasi tutta l’Italia attraverso il triplice vincolo della confederazione Circumpadana, Arno-Tiberina e Campana, della Dodecapoli fondata in questa regione, “chiamarono Capua la capitale” (Strab. V, c, 242), “dopo aver osservato l’auspicio di un falcone che in lingua etrusca e detto capys” (Serv. Ad Aen. X, 14, 5). Mentre l’antico nome del centro opico Volturnum, legato alla divinita tutelare Velthur (avvoltoio), resto ad indicare l’omonimo fiume. Della Dodecapoli facevano parte: Cuma, Pozzuoli, Formia, Napoli, Ercolano, Pompei, Nocera, Marcina, Suessa, Cales e Nola. Un “momento-chiave” della civilta etrusca e la Tegola di Capua che piu correttamente andrebbe definita Tabula Capuana, calendario di prescrizioni cultuali.
La battaglia di Cuma (474 a.C.) indebolendo e riducendo la compagine etrusca consente il riemergere e l’affermarsi dell’originaria componente osca, cosi che nel 438 a.C. i coloni italici ottengono, con l’autodeterminazione, il diritto di cittadinanza. A questo punto con veemente protagonismo irrompono sulla scena i Sanniti. Costoro che per progressive infiltrazioni si erano resi cosi presenti in Capua fino a prendere parte al suo governo, nel 423 se ne impossessarono attraverso un feroce eccidio degli aristocratici sorpresi nel sonno dopo un banchetto. Appropriatisi dell’alfabeto etrusco ed adattandolo alle proprie esigenze fonetiche fecero dell’osco una lingua scritta che perduro come lingua ufficiale fino alla guerra sociale.
Nel 354 venne stipulato fra Roma e il Sannio un foedus equm, un patto fra eguali, inteso a stabilire le reciproche sfere d’interesse nella valle del medio Liri, un’area d’importanza cruciale per la supremazia sull’Italia. Il conflitto scoppio per assicurarsi il controllo della Campania settentrionale, regione quant’altre mai fertile e popolosa. Nel 343 i Sidicini, abitanti di Teano e dintorni, minacciati dai Sanniti invocarono l’aiuto della Lega Campana capeggiata da Capua. I Campani allora invocarono l’aiuto di Roma ponendosi sotto la sua incondizionata protezione ricevendone, in qualita di socii, la cittadinanza e i diritti connessi. Le ostilita si conclusero con una pace negoziata che riconosceva l’appartenenza dei Campani alla sfera d’influenza di Roma e dei Sidicini a quella del Sannio.
Nel corso della seconda guerra sannitica (326-304), dopo la sconfitta dei Romani a Caudio, Capua defeziona da Roma ma, ribaltandosi le sorti della guerra, le si sottomette rientrando nel precedente stato di cittadinanza senza diritto di voto. E nel 318 l’autorita dei suoi magistrati viene ridimensionata con l’istituzione di due prefetti. Nel 313-312 con l’impiego di prigionieri sanniti, fu costruita la via Appia, della lunghezza di 132 miglia che univa Capua a Roma, prolungata poi da Traiano fino a Brindisi.
Durante la terza guerra sannitica (300-295), la prima guerra punica (264-242) e la campagna contro i Galli (225-222) Capua fu a fianco di Roma, mal sopportando, tuttavia, il suo giogo. Per cui dopo la battaglia di Canne (216) le si ribella assumendo a pretesto il rifiuto del Senato romano di concederle in cambio del suo aiuto che da allora in poi uno dei due consoli fosse campano. Per cui il partito popolare con a capo Pacuvio Calavio e Vibio Virio apri le porte della citta ad Annibale in procinto di marciare su Roma. L’alleanza con Annibale prevedeva: la piena sovranita di Capua, l’esonero dal servizio militare cartaginese dei cittadini capuani, la consegna di trecento nobili romani prigionieri a salvaguardia dei cavalieri campani che militavano nell’esercito romano in Sicilia.
Nel 215 l’esercito romano forte di centomila uomini muove verso Capua che viene sottoposta ad un assedio sempre piu stringente, fino a che non le fu posto l’aut-aut per la resa: avrebbe conservato la liberta personale e i propri beni chi si fosse sottomesso prima del 15 marzo del 211. Annibale accorse alla difesa di Capua con un intervento fiacco e tardivo e, visto l’esito incerto della lotta, nella presunzione di favorire l’alleggerimento della pressione su Capua, si porto, ma inutilmente, verso la Capitale. Fatta prigioniera la guarnigione cartaginese, altri cinquantatre senatori furono tradotti in catene a Calvi e Teano e sottoposti a giudizio dal proconsole Fulvio Flacco che li fece prima massacrare a colpi di verga e poi decapitare con la scure. Altri trecento nobili furono gettati in carcere e un numero ingente di cittadini venduti come schiavi. Dopo di che “tolsero a Capua le magistrature, il senato, l’assemblea popolare, insomma tutti i caratteri distintivi di uno Stato… vollero che Capua fosse l’asilo degli agricoltori, il mercato dei campagnoli, il magazzino e il granaio del territorio Campano” […]. La popolazione fu dispersa nei pagi o deportata a colonizzare i meno fertili terreni del Lazio interno.
Nonostante le nefaste conseguenze della guerra annibalica alla fine del secondo secolo ha inizio la rinascita di Capua che nel 58 riebbe la cittadinanza e l’istituzione dei primi duumviri Pisone e Pompeo. Nello stesso tempo si consuma la sua definitiva romanizzazione. Innalzata al grado di primaria Colonia e sempre Metropoli della regione Campana.
Al 73 risale la ribellione dello schiavo Spartaco. Egli con altri settantaquattro gladiatori della scuola diretta da Lelio Barbato a Capua dove erano tenuti rinchiusi comincio a saccheggiare borghi e a taglieggiare le popolazioni circostanti mentre le sue fila si andavano ingrossando. Sotto l’incalzare dei soldati romani si spostarono in Lucania dove braccati dall’esercito di Crasso vi furono decimati; seimila superstiti vennero crocifissi ai lati della via Appia. Cesare, durante il suo primo consolato nel 59, fece passare la lex Julia campana per dividere l’agro campano e il campo stellato fra ventimila cittadini romani e l’arricchi dell’acquedotto. Augusto che riduce l’Italia unita sotto il suo scettro e la divide poi in undici regioni per renderne piu funzionale l’amministrazione, colloca al primo posto la Campania unita al vecchio e al nuovo Lazio a parte del Sannio ed ai Piacentini confermando Metropoli di questa vasta regione Capua col titolo di Colonia Julia Augusta Felix. A questa eta risale la costruzione di un acquedotto che canalizzava le acque sorgenti ai piedi del Monte Tifata sul quale per iniziativa del console Servo Flacco era stato costruito un tempio in onore di Diana Tifatina nel 135 a.C. e sulle cui rovine si innalzera la Basilica Cristiana voluta dall’Abate Desiderio.
Adriano mostro particolare predilezione per Capua adornandola copiosamente di edifici, di statue, di colonne. Fu fatta sede di un Consolare, di un Pretorio, di una Curia nella quale venivano promulgati gli statuti imperiali. Nell’era del suo massimo splendore, Capua vantava 300.000 abitanti e la presenza di 200 argentieri, 300 armieri, 4.800 famiglie di artieri, 32.670 di aratori ed agricoltori e 40.000 gladiatori. Ma dal II secolo dell’Impero lo sviluppo delle province occidentali, specie della Gallia, sottraendo alla produzione italiana i vecchi mercati, provoca una crisi recessiva delle attivita economico-commerciali di Capua cui si aggiunge una flessione demografica che si va accentuando nel III e V secolo.
In seguito a questa crisi si determina, per Capua, una tendenza a distaccarsi dal potere centrale e recludersi in circuiti provinciali e nell’ambito agricolo. Inoltre, come tante altre regioni d’Italia, anch’essa sperimenta la furia devastatrice delle invasioni barbariche […].
Una certa ripresa si avverte con gli Ostrogoti di Teodorico (493 d.C.). Con la vittoria di Narsete sui Goti (555 d.C.) Capua viene ricostruita, riottene l’autonomia amministrativa ed e governata da un tribuno bizantino con poteri militari e civili, l’ultimo dei quali fu Gregorio che, pur insignito degli onori comitali, dovette cedere ai Longobardi che nel 594 conquistano Capua.
La battaglia di Cuma (474 a.C.) indebolendo e riducendo la compagine etrusca consente il riemergere e l’affermarsi dell’originaria componente osca, cosi che nel 438 a.C. i coloni italici ottengono, con l’autodeterminazione, il diritto di cittadinanza. A questo punto con veemente protagonismo irrompono sulla scena i Sanniti. Costoro che per progressive infiltrazioni si erano resi cosi presenti in Capua fino a prendere parte al suo governo, nel 423 se ne impossessarono attraverso un feroce eccidio degli aristocratici sorpresi nel sonno dopo un banchetto. Appropriatisi dell’alfabeto etrusco ed adattandolo alle proprie esigenze fonetiche fecero dell’osco una lingua scritta che perduro come lingua ufficiale fino alla guerra sociale.
Nel 354 venne stipulato fra Roma e il Sannio un foedus equm, un patto fra eguali, inteso a stabilire le reciproche sfere d’interesse nella valle del medio Liri, un’area d’importanza cruciale per la supremazia sull’Italia. Il conflitto scoppio per assicurarsi il controllo della Campania settentrionale, regione quant’altre mai fertile e popolosa. Nel 343 i Sidicini, abitanti di Teano e dintorni, minacciati dai Sanniti invocarono l’aiuto della Lega Campana capeggiata da Capua. I Campani allora invocarono l’aiuto di Roma ponendosi sotto la sua incondizionata protezione ricevendone, in qualita di socii, la cittadinanza e i diritti connessi. Le ostilita si conclusero con una pace negoziata che riconosceva l’appartenenza dei Campani alla sfera d’influenza di Roma e dei Sidicini a quella del Sannio.
Nel corso della seconda guerra sannitica (326-304), dopo la sconfitta dei Romani a Caudio, Capua defeziona da Roma ma, ribaltandosi le sorti della guerra, le si sottomette rientrando nel precedente stato di cittadinanza senza diritto di voto. E nel 318 l’autorita dei suoi magistrati viene ridimensionata con l’istituzione di due prefetti. Nel 313-312 con l’impiego di prigionieri sanniti, fu costruita la via Appia, della lunghezza di 132 miglia che univa Capua a Roma, prolungata poi da Traiano fino a Brindisi.
Durante la terza guerra sannitica (300-295), la prima guerra punica (264-242) e la campagna contro i Galli (225-222) Capua fu a fianco di Roma, mal sopportando, tuttavia, il suo giogo. Per cui dopo la battaglia di Canne (216) le si ribella assumendo a pretesto il rifiuto del Senato romano di concederle in cambio del suo aiuto che da allora in poi uno dei due consoli fosse campano. Per cui il partito popolare con a capo Pacuvio Calavio e Vibio Virio apri le porte della citta ad Annibale in procinto di marciare su Roma. L’alleanza con Annibale prevedeva: la piena sovranita di Capua, l’esonero dal servizio militare cartaginese dei cittadini capuani, la consegna di trecento nobili romani prigionieri a salvaguardia dei cavalieri campani che militavano nell’esercito romano in Sicilia.
Nel 215 l’esercito romano forte di centomila uomini muove verso Capua che viene sottoposta ad un assedio sempre piu stringente, fino a che non le fu posto l’aut-aut per la resa: avrebbe conservato la liberta personale e i propri beni chi si fosse sottomesso prima del 15 marzo del 211. Annibale accorse alla difesa di Capua con un intervento fiacco e tardivo e, visto l’esito incerto della lotta, nella presunzione di favorire l’alleggerimento della pressione su Capua, si porto, ma inutilmente, verso la Capitale. Fatta prigioniera la guarnigione cartaginese, altri cinquantatre senatori furono tradotti in catene a Calvi e Teano e sottoposti a giudizio dal proconsole Fulvio Flacco che li fece prima massacrare a colpi di verga e poi decapitare con la scure. Altri trecento nobili furono gettati in carcere e un numero ingente di cittadini venduti come schiavi. Dopo di che “tolsero a Capua le magistrature, il senato, l’assemblea popolare, insomma tutti i caratteri distintivi di uno Stato… vollero che Capua fosse l’asilo degli agricoltori, il mercato dei campagnoli, il magazzino e il granaio del territorio Campano” […]. La popolazione fu dispersa nei pagi o deportata a colonizzare i meno fertili terreni del Lazio interno.
Nonostante le nefaste conseguenze della guerra annibalica alla fine del secondo secolo ha inizio la rinascita di Capua che nel 58 riebbe la cittadinanza e l’istituzione dei primi duumviri Pisone e Pompeo. Nello stesso tempo si consuma la sua definitiva romanizzazione. Innalzata al grado di primaria Colonia e sempre Metropoli della regione Campana.
Al 73 risale la ribellione dello schiavo Spartaco. Egli con altri settantaquattro gladiatori della scuola diretta da Lelio Barbato a Capua dove erano tenuti rinchiusi comincio a saccheggiare borghi e a taglieggiare le popolazioni circostanti mentre le sue fila si andavano ingrossando. Sotto l’incalzare dei soldati romani si spostarono in Lucania dove braccati dall’esercito di Crasso vi furono decimati; seimila superstiti vennero crocifissi ai lati della via Appia. Cesare, durante il suo primo consolato nel 59, fece passare la lex Julia campana per dividere l’agro campano e il campo stellato fra ventimila cittadini romani e l’arricchi dell’acquedotto. Augusto che riduce l’Italia unita sotto il suo scettro e la divide poi in undici regioni per renderne piu funzionale l’amministrazione, colloca al primo posto la Campania unita al vecchio e al nuovo Lazio a parte del Sannio ed ai Piacentini confermando Metropoli di questa vasta regione Capua col titolo di Colonia Julia Augusta Felix. A questa eta risale la costruzione di un acquedotto che canalizzava le acque sorgenti ai piedi del Monte Tifata sul quale per iniziativa del console Servo Flacco era stato costruito un tempio in onore di Diana Tifatina nel 135 a.C. e sulle cui rovine si innalzera la Basilica Cristiana voluta dall’Abate Desiderio.
Adriano mostro particolare predilezione per Capua adornandola copiosamente di edifici, di statue, di colonne. Fu fatta sede di un Consolare, di un Pretorio, di una Curia nella quale venivano promulgati gli statuti imperiali. Nell’era del suo massimo splendore, Capua vantava 300.000 abitanti e la presenza di 200 argentieri, 300 armieri, 4.800 famiglie di artieri, 32.670 di aratori ed agricoltori e 40.000 gladiatori. Ma dal II secolo dell’Impero lo sviluppo delle province occidentali, specie della Gallia, sottraendo alla produzione italiana i vecchi mercati, provoca una crisi recessiva delle attivita economico-commerciali di Capua cui si aggiunge una flessione demografica che si va accentuando nel III e V secolo.
In seguito a questa crisi si determina, per Capua, una tendenza a distaccarsi dal potere centrale e recludersi in circuiti provinciali e nell’ambito agricolo. Inoltre, come tante altre regioni d’Italia, anch’essa sperimenta la furia devastatrice delle invasioni barbariche […].
Una certa ripresa si avverte con gli Ostrogoti di Teodorico (493 d.C.). Con la vittoria di Narsete sui Goti (555 d.C.) Capua viene ricostruita, riottene l’autonomia amministrativa ed e governata da un tribuno bizantino con poteri militari e civili, l’ultimo dei quali fu Gregorio che, pur insignito degli onori comitali, dovette cedere ai Longobardi che nel 594 conquistano Capua.
Dai Longobardi agli Aragonesi
Essi vi si stanziano e la elevano a Contea cui fanno capo numerosi gastaldi dipendenti dal Ducato di Benevento denominato anche Longobardia Minore. Ad opera soprattutto del Conte Landone (843-861), del Vescovo e Conte Landolfo (862-879) e, da ultimo, di Atenolfo (887-910) fu raggiunta l’autonomia della Contea che nel IX secolo inglobava anche i gastaldati di Sessa, Teano, Carinola e da Telese fin oltre Venafro. Fin dai primi anni del IX secolo i Saraceni che avevano iniziato a saccheggiare e incendiare i centri delle coste tirreniche si inserirono successivamente, in qualita di mercenari, negli stati dell’Italia Meridionale, specie nel conflitto per la divisione del Principato di Benevento.
Nell’841 chiamati da Radelchi contro Siconolfo ridussero “in cenere tutta l’antica Capua”. I Capuani allora si rifugiarono sulla collina di Triflisco detta Palombara (chiamata Sicopoli dal nome del Principe Sicone che ne ordino al conte Landolfo l’edificazione). Distrutta anche Sicopoli da un incendio, i longobardi fondarono la nuova citta nella doppia ansa del fiume Volturno presso il ponte chiamato Casilino. Nell’anno 856 fu edificata la nuova citta di Capua. Nella citta dalle ampie mura turrite e di forma quasi rettangolare si aprivano quattro porte: del Castello (ad ovest lungo l’Appia), l’Aurea (ad est lungo la Platea Maior o via Silicis, perche selciata, oggi Corso Gran Priorato di Malta), a sud la Capuana e la Fluviale (lungo via Roma che si proietta all’interno della Limata).
Il ponte sul Volturno era difeso da un Castello cosi come la Porta Fluviale. Una torre esisteva presso il Monastero di Santa Maria delle Dame Monache, fuori porta Sant’Angelo ed un’altra ancora presso la porta Capuana o di S. Eligio, baluardi elevati a protezione strategica di una citta che nel periodo longobardo (856-1062) subi piu di dieci assedi alcuni dei quali durarono anche per mesi.
Negli ultimi decenni del IX secolo i Saraceni “depredarono i complessi monastici di S. Benedetto a Montecassino e di S. Vincenzo alle fonti del Volturno. I religiosi di questi centri spirituali divennero elementi catalizzatori dell’influenza politico-diplomatica e culturale capuana. Accolti nella citta-fortezza di Capua, con ogni onore, vi fondarono due monasteri con il nome di quelli abbandonati. Qui costituirono due centri spirituali e culturali di notevole portata. Furono riprese le antiche attivita: gli amanuensi trascrissero testi umanistici e scientifici; la decorazione dei codici determino una scuola miniaturistica tipica; la scuola cronachistica del cassinese Paolo Diacono trovo il suo epigono capuano in Erchemperto; il culto dei santi martiri promosse la ricerca delle loro reliquie e la fioritura della narrativa agiografica. Anche quando l’organizzazione centrale dei benedettini di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno torno nelle sedi storiche (932-934), l’attivita diplomatico-culturale della citta, pur subendo una certa caduta di tensione, continuo ad essere operante attraverso la corte dei principi e la curia vescovile”. Di questa attivita miniaturistica benedettina ci resta il celebre rotolo dell’Exultet che si conserva nel tesoro della Cattedrale di Capua.
Successivamente fu all’interno del potere giurisdizionale esercitato dai principi longobardi di Capua sull’area cassinese, che ebbe luogo quella vertenza giudiziaria legata al famoso “Placito di Capua”, nel quale attraverso espressioni romanze e vernacolari affiora il primo documento della lingua italiana. La citta-fortezza verso la meta del secolo X raggiunse il culmine del prestigio e del potere con Pandolfo Capodiferro (961-981). Egli infatti riuni in un unico principato non solo Benevento, Salerno e Capua ma lo estese, per l’investitura di Ottone I, fino a comprendervi il ducato di Spoleto e la marca di Camerino da Osimo a Pescara. E la sua chiesa, prima fra tutte quelle del meridione d’Italia, venne elevata a sede metropolitana dal papa Giovanni XIII.
Giovanni XIII, in segno di gratitudine verso Capua per il suo attaccamento dimostrato alla Santa Sede, le concedeva di fregiarsi dello stemma con la croce rossa coronata d’oro in campo d’oro. La corona si vuole sia stata aggiunta da Anfuso, figlio di Ruggiero normanno, investito dal padre del Principato di Capua. I d’Angio lo completarono con il motto: “Est Capua Regni Clavis, Crux Horrida Pravis. Capua Ab Initio Speciosa” (Capua e chiave del Regno, Croce che incute orrore ai malvagi. Capua eccelsa fin dal sorgere). Accanto a questo si colloca l’antico stemma raffigurante una coppa d’oro in campo rosso da cui da cui emergono sette vipere o draghi.
Al principato longobardo segue a Capua quello dei Normanni. La resa di Capua ai Normanni avvenne solo per gradi, attraverso reiterati e contrastati tentativi di conquista. “Nel 999 il primo gruppo di 40 normanni mise per la prima volta piede in Italia sbarcando a Salerno”. Nel 1030 formarono ad Aversa la loro prima signoria con Rainulfo Drengot. Riccardo I, avido di espandere il suo potere, intraprende azioni di scorrerie, di brigantaggio e rapine nei confronti delle terre capuane e vi desiste dietro versamento di 7.000 bizanti.
Nel 1057, approfittando della crisi interna determinata dalla morte di Pandolfo V e respingendo ogni offerta di denaro, costrinse Capua ad arrendersi, che pero rifiuto di consegnare le torri e i castelli lungo le mura. Sancita dopo il Concilio di Melfi (1059) l’alleanza tra il Papato e i Normanni, Niccolo II assegno a Riccardo il principato di Capua mentre ne era ancora signore Landolfo VI (1057-1062). Riccardo decise allora di conquistare anche le fortezze della citta. La resa senza condizione avvenne nel 1062. Probabilmente in quell’occasione fu elevato il Castrum Lapidum, il Castello delle Pietre, o torre massima dove i normanni si rifugiavano in caso di guerra mentre il Sacro Palazzo era lo loro residenza abituale. Con il conferimento da parte di Innocenzo II del Principato Capuano ad Anfuso figlio di Ruggero II di Sicilia, esso viene inglobato definitivamente nel regno normanno. Al primo arcivescovo normanno, Erveo (1072-1086), si devono il riassetto della cattedrale, della torre campanaria (costruita dal conte Landone nell’861 e terminata dal vescovo Landolfo I), l’impianto del quadriportico e la fondazione della cripta del Duomo (trasformata nel 1720 dal Card. Caracciolo).
Enrico VI di Svevia, avuta in sua mano Capua nella guerra contro i normanni, fu accolto con grande ossequio e decoro presso il Ponte Casilino dal vescovo e dai dignitari capuani, mentre falli miseramente il tentativo del conte normanno di Acerra di riprendere la citta. Federico II la riguardo come la prima fra le altre citta del reame dichiarandola custodia del Regno col privilegio di disporre, a sue spese, di un tribunale di cinque giudici ed otto notai ed il diritto che nei pubblici e generali Parlamenti dello Stato i suoi deputati ed ambasciatori, tanto nel sedere che nel parlare, avessero il primo posto dopo quelli di Napoli. Federico II, con intento difensivo e celebrativo, volle costruire dal 1234 al 1239 presso il Ponte Romano restaurato un monumentale Arco di Trionfo, che resta l’opera piu celebrata ed ammirata della signoria staufica nel sud e che ispiro la torre cilindrica di Caserta Vecchia, nonche l’arco trionfale del Castelnuovo di Napoli eretto da Alfonso il Magnanimo.
Alla caduta della casa Sveva s’accompagno in certa misura il declino della potenza di Capua, anche se gli angioini ad essa subentranti, s’ingegnarono d’accrescerne il lustro e l’arricchirono di numerosi privilegi. Incoronato per ordine di Clemente IV, il 6 gennaio 1265 nella Basilica Vaticana, Re di Sicilia e di Puglia, Carlo d’Angio, sconfitto Manfredi nella celebre battaglia di Benevento, si porto a Capua. Carlo II entrato in Napoli nel 1289 si porto a Capua l’anno seguente per adempiere un voto fatto in Sicilia: di edificare una chiesa in onore di S. Maria Maddalena e nel 1300 concedette a tutti i capuani franchigie per 9 giorni in occasione della fiera di Santo Stefano. E tanto stimo Bartolomeo de Capua da nominarlo Vicere di Napoli. Edifico altresi in Capua la Chiesa di S. Antonio Abate e quella di S. Eligio con l’annesso ospedale dei Pellegrini. Alla Capua angioina e legato il ricordo di San Tommaso d’Aquino discendente dei longobardi d’Aquino di Capua. In occasione della sua permanenza a Capua fu eretta la Chiesa di S. Domenico. In essa Bartolomeo de Capua fece dedicare una cappella a Tommaso.
Il 2 giugno 1442 Alfonso d’Aragona s’impossesso di Napoli. Nel quadro della politica aragonese “Capua si distingue dalle altre universita perche ha un trattamento di straordinario favore. Capua lo aveva aiutato a conquistare un regno e gli poteva dare forze non disprezzabili per nuove imprese.
E non di rado il Re vi fece soggiorno e vi organizzo feste in onore della sua favorita, la famosa Lucrezia d’Alagno, ospitata nel palazzo degli Antignano”. Egli “non solo le confermo gli antichi privilegi, ma permise che gli uomini di Capua e Casali fossero cittadini in tutto il Regno, godessero tutti i privilegi degli oriundi del luogo e fossero esenti da ogni gabella, passi e simili pagamenti: e dette l’esenzione di tutti i pagamenti fiscali ordinari e straordinari a Capua, suoi Casali e feudi.
Ferdinando I ridette a Capua l’antico feudo di Calvi e dette alla citta di Capua l’ambito privilegio di batter sua propria moneta di rame e d’argento. Concesse inoltre alla citta l’acqua potabile di Sant’Angelo in Formis dando ordine che si costruissero le relative fontane pubbliche. Quando i francesi di Carlo VIII calarono alla conquista di Napoli, a Capua il condottiero Trivulzio patteggio la resa della importante fortezza affidata al suo comando e Carlo VIII entro in Capua e da Capua marcio su Napoli e l’occupo.
Tornati gli Aragonesi, dopo la partenza di Carlo VIII, essi cercarono di legare a se la citta con nuovi benefici. E nel Duomo di Capua si fece incoronare re di Napoli Federico III d’Aragona, il 10 agosto del 1497; e in tale occasione riconfermo gli antichi privilegi e altri ne elargi. Quando le milizie di Luigi XII e di Ferdinando il Cattolico invasero il regno di Napoli, re Federico, preoccupato di tenere saldamente Capua, mando a difenderla il gran capitano Fabrizio Colonna con tutte le truppe disponibili, ed allora concesse ai suoi cittadini il massimo dei privilegi, e cioe l’esenzione in perpetuo da tutti i pagamenti fiscali, collette e donativi. E in questa scia si mossero gli altri dinasti aragonesi.
In occasione della solennissima incoronazione di Federico d’Aragona a re di Napoli per mano di Cesare Borgia, la citta di Capua vive una delle pagine piu terribili e memorabili della sua storia. (1)
Il 24 luglio del 1501 fu compiuto ad opera di Cesare Borgia, affiancato dalle truppe francesi, il “Sacco di Capua”, un evento efferato nel quale perirono oltre 5.000 persone tra uomini, donne e bambini. Presa d’assedio Capua fu costretta alla resa dietro il pagamento di una taglia di 4.000 ducati. Furono quindi aperte le porte della citta alle truppe di Cesare Borgia per effettuare il pagamento, ma questi, giunto in Piazza dei Giudici, diede inizio allo sterminio. (2)
Essi vi si stanziano e la elevano a Contea cui fanno capo numerosi gastaldi dipendenti dal Ducato di Benevento denominato anche Longobardia Minore. Ad opera soprattutto del Conte Landone (843-861), del Vescovo e Conte Landolfo (862-879) e, da ultimo, di Atenolfo (887-910) fu raggiunta l’autonomia della Contea che nel IX secolo inglobava anche i gastaldati di Sessa, Teano, Carinola e da Telese fin oltre Venafro. Fin dai primi anni del IX secolo i Saraceni che avevano iniziato a saccheggiare e incendiare i centri delle coste tirreniche si inserirono successivamente, in qualita di mercenari, negli stati dell’Italia Meridionale, specie nel conflitto per la divisione del Principato di Benevento.
Nell’841 chiamati da Radelchi contro Siconolfo ridussero “in cenere tutta l’antica Capua”. I Capuani allora si rifugiarono sulla collina di Triflisco detta Palombara (chiamata Sicopoli dal nome del Principe Sicone che ne ordino al conte Landolfo l’edificazione). Distrutta anche Sicopoli da un incendio, i longobardi fondarono la nuova citta nella doppia ansa del fiume Volturno presso il ponte chiamato Casilino. Nell’anno 856 fu edificata la nuova citta di Capua. Nella citta dalle ampie mura turrite e di forma quasi rettangolare si aprivano quattro porte: del Castello (ad ovest lungo l’Appia), l’Aurea (ad est lungo la Platea Maior o via Silicis, perche selciata, oggi Corso Gran Priorato di Malta), a sud la Capuana e la Fluviale (lungo via Roma che si proietta all’interno della Limata).
Il ponte sul Volturno era difeso da un Castello cosi come la Porta Fluviale. Una torre esisteva presso il Monastero di Santa Maria delle Dame Monache, fuori porta Sant’Angelo ed un’altra ancora presso la porta Capuana o di S. Eligio, baluardi elevati a protezione strategica di una citta che nel periodo longobardo (856-1062) subi piu di dieci assedi alcuni dei quali durarono anche per mesi.
Negli ultimi decenni del IX secolo i Saraceni “depredarono i complessi monastici di S. Benedetto a Montecassino e di S. Vincenzo alle fonti del Volturno. I religiosi di questi centri spirituali divennero elementi catalizzatori dell’influenza politico-diplomatica e culturale capuana. Accolti nella citta-fortezza di Capua, con ogni onore, vi fondarono due monasteri con il nome di quelli abbandonati. Qui costituirono due centri spirituali e culturali di notevole portata. Furono riprese le antiche attivita: gli amanuensi trascrissero testi umanistici e scientifici; la decorazione dei codici determino una scuola miniaturistica tipica; la scuola cronachistica del cassinese Paolo Diacono trovo il suo epigono capuano in Erchemperto; il culto dei santi martiri promosse la ricerca delle loro reliquie e la fioritura della narrativa agiografica. Anche quando l’organizzazione centrale dei benedettini di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno torno nelle sedi storiche (932-934), l’attivita diplomatico-culturale della citta, pur subendo una certa caduta di tensione, continuo ad essere operante attraverso la corte dei principi e la curia vescovile”. Di questa attivita miniaturistica benedettina ci resta il celebre rotolo dell’Exultet che si conserva nel tesoro della Cattedrale di Capua.
Successivamente fu all’interno del potere giurisdizionale esercitato dai principi longobardi di Capua sull’area cassinese, che ebbe luogo quella vertenza giudiziaria legata al famoso “Placito di Capua”, nel quale attraverso espressioni romanze e vernacolari affiora il primo documento della lingua italiana. La citta-fortezza verso la meta del secolo X raggiunse il culmine del prestigio e del potere con Pandolfo Capodiferro (961-981). Egli infatti riuni in un unico principato non solo Benevento, Salerno e Capua ma lo estese, per l’investitura di Ottone I, fino a comprendervi il ducato di Spoleto e la marca di Camerino da Osimo a Pescara. E la sua chiesa, prima fra tutte quelle del meridione d’Italia, venne elevata a sede metropolitana dal papa Giovanni XIII.
Giovanni XIII, in segno di gratitudine verso Capua per il suo attaccamento dimostrato alla Santa Sede, le concedeva di fregiarsi dello stemma con la croce rossa coronata d’oro in campo d’oro. La corona si vuole sia stata aggiunta da Anfuso, figlio di Ruggiero normanno, investito dal padre del Principato di Capua. I d’Angio lo completarono con il motto: “Est Capua Regni Clavis, Crux Horrida Pravis. Capua Ab Initio Speciosa” (Capua e chiave del Regno, Croce che incute orrore ai malvagi. Capua eccelsa fin dal sorgere). Accanto a questo si colloca l’antico stemma raffigurante una coppa d’oro in campo rosso da cui da cui emergono sette vipere o draghi.
Al principato longobardo segue a Capua quello dei Normanni. La resa di Capua ai Normanni avvenne solo per gradi, attraverso reiterati e contrastati tentativi di conquista. “Nel 999 il primo gruppo di 40 normanni mise per la prima volta piede in Italia sbarcando a Salerno”. Nel 1030 formarono ad Aversa la loro prima signoria con Rainulfo Drengot. Riccardo I, avido di espandere il suo potere, intraprende azioni di scorrerie, di brigantaggio e rapine nei confronti delle terre capuane e vi desiste dietro versamento di 7.000 bizanti.
Nel 1057, approfittando della crisi interna determinata dalla morte di Pandolfo V e respingendo ogni offerta di denaro, costrinse Capua ad arrendersi, che pero rifiuto di consegnare le torri e i castelli lungo le mura. Sancita dopo il Concilio di Melfi (1059) l’alleanza tra il Papato e i Normanni, Niccolo II assegno a Riccardo il principato di Capua mentre ne era ancora signore Landolfo VI (1057-1062). Riccardo decise allora di conquistare anche le fortezze della citta. La resa senza condizione avvenne nel 1062. Probabilmente in quell’occasione fu elevato il Castrum Lapidum, il Castello delle Pietre, o torre massima dove i normanni si rifugiavano in caso di guerra mentre il Sacro Palazzo era lo loro residenza abituale. Con il conferimento da parte di Innocenzo II del Principato Capuano ad Anfuso figlio di Ruggero II di Sicilia, esso viene inglobato definitivamente nel regno normanno. Al primo arcivescovo normanno, Erveo (1072-1086), si devono il riassetto della cattedrale, della torre campanaria (costruita dal conte Landone nell’861 e terminata dal vescovo Landolfo I), l’impianto del quadriportico e la fondazione della cripta del Duomo (trasformata nel 1720 dal Card. Caracciolo).
Enrico VI di Svevia, avuta in sua mano Capua nella guerra contro i normanni, fu accolto con grande ossequio e decoro presso il Ponte Casilino dal vescovo e dai dignitari capuani, mentre falli miseramente il tentativo del conte normanno di Acerra di riprendere la citta. Federico II la riguardo come la prima fra le altre citta del reame dichiarandola custodia del Regno col privilegio di disporre, a sue spese, di un tribunale di cinque giudici ed otto notai ed il diritto che nei pubblici e generali Parlamenti dello Stato i suoi deputati ed ambasciatori, tanto nel sedere che nel parlare, avessero il primo posto dopo quelli di Napoli. Federico II, con intento difensivo e celebrativo, volle costruire dal 1234 al 1239 presso il Ponte Romano restaurato un monumentale Arco di Trionfo, che resta l’opera piu celebrata ed ammirata della signoria staufica nel sud e che ispiro la torre cilindrica di Caserta Vecchia, nonche l’arco trionfale del Castelnuovo di Napoli eretto da Alfonso il Magnanimo.
Alla caduta della casa Sveva s’accompagno in certa misura il declino della potenza di Capua, anche se gli angioini ad essa subentranti, s’ingegnarono d’accrescerne il lustro e l’arricchirono di numerosi privilegi. Incoronato per ordine di Clemente IV, il 6 gennaio 1265 nella Basilica Vaticana, Re di Sicilia e di Puglia, Carlo d’Angio, sconfitto Manfredi nella celebre battaglia di Benevento, si porto a Capua. Carlo II entrato in Napoli nel 1289 si porto a Capua l’anno seguente per adempiere un voto fatto in Sicilia: di edificare una chiesa in onore di S. Maria Maddalena e nel 1300 concedette a tutti i capuani franchigie per 9 giorni in occasione della fiera di Santo Stefano. E tanto stimo Bartolomeo de Capua da nominarlo Vicere di Napoli. Edifico altresi in Capua la Chiesa di S. Antonio Abate e quella di S. Eligio con l’annesso ospedale dei Pellegrini. Alla Capua angioina e legato il ricordo di San Tommaso d’Aquino discendente dei longobardi d’Aquino di Capua. In occasione della sua permanenza a Capua fu eretta la Chiesa di S. Domenico. In essa Bartolomeo de Capua fece dedicare una cappella a Tommaso.
Il 2 giugno 1442 Alfonso d’Aragona s’impossesso di Napoli. Nel quadro della politica aragonese “Capua si distingue dalle altre universita perche ha un trattamento di straordinario favore. Capua lo aveva aiutato a conquistare un regno e gli poteva dare forze non disprezzabili per nuove imprese.
E non di rado il Re vi fece soggiorno e vi organizzo feste in onore della sua favorita, la famosa Lucrezia d’Alagno, ospitata nel palazzo degli Antignano”. Egli “non solo le confermo gli antichi privilegi, ma permise che gli uomini di Capua e Casali fossero cittadini in tutto il Regno, godessero tutti i privilegi degli oriundi del luogo e fossero esenti da ogni gabella, passi e simili pagamenti: e dette l’esenzione di tutti i pagamenti fiscali ordinari e straordinari a Capua, suoi Casali e feudi.
Ferdinando I ridette a Capua l’antico feudo di Calvi e dette alla citta di Capua l’ambito privilegio di batter sua propria moneta di rame e d’argento. Concesse inoltre alla citta l’acqua potabile di Sant’Angelo in Formis dando ordine che si costruissero le relative fontane pubbliche. Quando i francesi di Carlo VIII calarono alla conquista di Napoli, a Capua il condottiero Trivulzio patteggio la resa della importante fortezza affidata al suo comando e Carlo VIII entro in Capua e da Capua marcio su Napoli e l’occupo.
Tornati gli Aragonesi, dopo la partenza di Carlo VIII, essi cercarono di legare a se la citta con nuovi benefici. E nel Duomo di Capua si fece incoronare re di Napoli Federico III d’Aragona, il 10 agosto del 1497; e in tale occasione riconfermo gli antichi privilegi e altri ne elargi. Quando le milizie di Luigi XII e di Ferdinando il Cattolico invasero il regno di Napoli, re Federico, preoccupato di tenere saldamente Capua, mando a difenderla il gran capitano Fabrizio Colonna con tutte le truppe disponibili, ed allora concesse ai suoi cittadini il massimo dei privilegi, e cioe l’esenzione in perpetuo da tutti i pagamenti fiscali, collette e donativi. E in questa scia si mossero gli altri dinasti aragonesi.
In occasione della solennissima incoronazione di Federico d’Aragona a re di Napoli per mano di Cesare Borgia, la citta di Capua vive una delle pagine piu terribili e memorabili della sua storia. (1)
Il 24 luglio del 1501 fu compiuto ad opera di Cesare Borgia, affiancato dalle truppe francesi, il “Sacco di Capua”, un evento efferato nel quale perirono oltre 5.000 persone tra uomini, donne e bambini. Presa d’assedio Capua fu costretta alla resa dietro il pagamento di una taglia di 4.000 ducati. Furono quindi aperte le porte della citta alle truppe di Cesare Borgia per effettuare il pagamento, ma questi, giunto in Piazza dei Giudici, diede inizio allo sterminio. (2)
Dal Viceregno spagnolo ai nostri giorni
Con il viceregno spagnolo (1504-1707), la citta, pur godendo di antiche e nuove concessioni e facendo sfoggio della sua nobilta con i quattro Seggi dell’Oliva, d’Antignano, de Cavalieri e de Giudici e disponendo di una Corte della Bagliva muto immagine esasperando, per ragioni di Stato, il suo carattere di citta baluardo, attraverso un sistema di bastioni poligonali realizzato dai migliori architetti del Regno: Gian Giacomo d’Acaia, Ferdinando Manlio, Ambrogio Attendolo e Benvenuto Tortelli. La citta si arricchi di sedili, sculture, fontane. Nell’area di porta Capuana fu costruito il palazzo della Regia Corte di Giustizia e porta Napoli fu dotata di un Arco trionfale. Ma l’opera piu imponente realizzata nel ‘500 a Capua e certamente il “forte” o castello Carlo V sul Volturno. Un risveglio di vita religiosa si ebbe per merito dei Gesuiti introdotti a Capua da San Roberto Bellarmino e dei Teatini. Fino al ‘700 rimasero attivi gli ospedali, annessi ai conventi, dell’Annunziata, di S. Eligio, di S. Antonio e di S. Lazzaro. Nel 1536 Carlo V visito Capua accolto trionfalmente e splendidamente ospitato per alcuni giorni nel palazzo d’Azzia. Da Filippo II i capuani ottennero nel 1559 la conferma dei precedenti privilegi ed in particolare che Capua ed i suoi Casali fossero dominio della corona senza possibilita d’essere venduti o alienati. Con Filippo III fu governata da un gentiluomo letterato detto di cappa e spada, quindi da un Consigliere togato di S. Chiara. “Il 12 luglio 1707, durante la guerra di successione di Spagna, Capua venne presa dalle truppe del conte Daun; passo cosi sotto il dominio austriaco, ma per breve ora. Non valsero a conservarla a Casa d’Austria le grandi opere di fortificazione che Carlo V vi fece compiere nel 1732.
La guerra di successione polacca, che dette l’indipendenza all’Italia del Sud, libero anche Capua, e nel 1734 Carlo III di Borbone, per aprirsi la via su Napoli, faceva assediare Capua dal Conte di Charny, il quale, dopo otto mesi se ne impadroni. I Borboni considerarono Capua come la principale fortezza del regno e vi tennero circa 1.200 uomini di presidio sotto il comando di un generale, che si intitolava Governatore della Piazza”. (3)
Quando al viceregno spagnolo segui quello austriaco (1707-34) fu delineata, tra l’altro, un’accurata mappa urbana – detta del Granata dallo storico che poi la diede alle stampe (1752-56) – a cura di J. Antoine d’Herbort e fu intrapreso un nuovo potenziamento difensivo del centro. La corona bastionata sud-orientale venne difesa da un complesso di opere esterne, a forma lanceolata, e si realizzarono, lungo il perimetro definito dal fiume, il bastione Sapone (scomparso) ed un parapetto di terra, fascine ed opere murarie. In tale occasione si demolirono, lungo il perimetro fluviale, giardini, abitazioni, complessi conventuali e mulini ad acqua. Queste fortificazioni consentirono in effetti agli Austriaci di resistere ad oltranza, durante l’assedio borbonico del 1734, anche dopo che erano cadute le fortezze di Gaeta e di Pescara. Intorno alla meta del Settecento, con la dominazione borbonica, Capua continuo a rafforzare il suo carattere militare. (4)
“Intorno a Capua si svolsero alcuni dei principali episodi della guerra con cui i francesi del Mac Donald occuparono il napoletano: la citta assediata, dopo varie vicende si arrese ai francesi, il 12 gennaio del 1799, ma fu ripresa dai Borboni il 28 luglio di quello stesso anno. Rioccupata il 12 febbraio 1806 dai francesi, comandati da Massena, essa entro a far parte del Regno Napoletano, che fu prima di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino Murat. Caduto Napoleone e fallito il tentativo del Murat di chiamare l’Italia alla riscossa per conservare Napoli, fu stipulata presso Casa Lanza (a poche miglia da Capua) la convenzione per la cessione della fortezza il 20 maggio 1815. Quel trattato segno la fine del regno di Gioacchino Murat. Capua ritorno cosi sotto il governo di re Ferdinando IV. (5)
Con l’insediamento del Pirotecnico (1856), si potenzio la produzione bellica rendendo contestualmente piu sfavorevoli le condizioni della vita civile. (6)
La spedizione dei Mille, con la vittoria di Garibaldi al Volturno, il 1 ottobre 1860, decise le sorti di Capua e del Mezzogiorno d’Italia: tuttavia, la fortezza resistette per un mese ancora alle truppe garibaldine e regie del Menabrea e di Morozzo della Rocca, e soltanto il 2 novembre si arrese”. Nonostante Capua nel 1818 abbia cessato di essere centro amministrativo provinciale (perche la sede del capoluogo era stata trasferita dai Borboni a Caserta) e successivamente sia stata privata anche del suo Tribunale a favore della vicina Santa Maria Capua Vetere, ha continuato a esercitare una influenza spirituale, culturale e civile nel fervore di iniziative e nel genio dei suoi cittadini illustri la cui schiera, procedendo a ritroso e innumerevole. (7)
Nel tardo Ottocento, in seguito ad alcune iniziative culturali ispirate dall’erudito locale Gabriele Jannelli, venne fondato il Museo Campano. Il bombardamento aereo del 9 settembre 1943 arreco danni inestimabili. Vennero colpiti, tra l’altro, il ponte sul Volturno, il castello bastionato, il Gran Quartiere, il Duomo e molte altre chiese. I successivi interventi, non riuscendo ad offrire soluzioni valide, dequalificarono l’immagine della citta. Inoltre la speculazione edilizia – piu evidente nelle aree extraurbane e nell’ansa fluviale della Limata – si individua ora anche in piu parti del centro storico. (8)
Con il viceregno spagnolo (1504-1707), la citta, pur godendo di antiche e nuove concessioni e facendo sfoggio della sua nobilta con i quattro Seggi dell’Oliva, d’Antignano, de Cavalieri e de Giudici e disponendo di una Corte della Bagliva muto immagine esasperando, per ragioni di Stato, il suo carattere di citta baluardo, attraverso un sistema di bastioni poligonali realizzato dai migliori architetti del Regno: Gian Giacomo d’Acaia, Ferdinando Manlio, Ambrogio Attendolo e Benvenuto Tortelli. La citta si arricchi di sedili, sculture, fontane. Nell’area di porta Capuana fu costruito il palazzo della Regia Corte di Giustizia e porta Napoli fu dotata di un Arco trionfale. Ma l’opera piu imponente realizzata nel ‘500 a Capua e certamente il “forte” o castello Carlo V sul Volturno. Un risveglio di vita religiosa si ebbe per merito dei Gesuiti introdotti a Capua da San Roberto Bellarmino e dei Teatini. Fino al ‘700 rimasero attivi gli ospedali, annessi ai conventi, dell’Annunziata, di S. Eligio, di S. Antonio e di S. Lazzaro. Nel 1536 Carlo V visito Capua accolto trionfalmente e splendidamente ospitato per alcuni giorni nel palazzo d’Azzia. Da Filippo II i capuani ottennero nel 1559 la conferma dei precedenti privilegi ed in particolare che Capua ed i suoi Casali fossero dominio della corona senza possibilita d’essere venduti o alienati. Con Filippo III fu governata da un gentiluomo letterato detto di cappa e spada, quindi da un Consigliere togato di S. Chiara. “Il 12 luglio 1707, durante la guerra di successione di Spagna, Capua venne presa dalle truppe del conte Daun; passo cosi sotto il dominio austriaco, ma per breve ora. Non valsero a conservarla a Casa d’Austria le grandi opere di fortificazione che Carlo V vi fece compiere nel 1732.
La guerra di successione polacca, che dette l’indipendenza all’Italia del Sud, libero anche Capua, e nel 1734 Carlo III di Borbone, per aprirsi la via su Napoli, faceva assediare Capua dal Conte di Charny, il quale, dopo otto mesi se ne impadroni. I Borboni considerarono Capua come la principale fortezza del regno e vi tennero circa 1.200 uomini di presidio sotto il comando di un generale, che si intitolava Governatore della Piazza”. (3)
Quando al viceregno spagnolo segui quello austriaco (1707-34) fu delineata, tra l’altro, un’accurata mappa urbana – detta del Granata dallo storico che poi la diede alle stampe (1752-56) – a cura di J. Antoine d’Herbort e fu intrapreso un nuovo potenziamento difensivo del centro. La corona bastionata sud-orientale venne difesa da un complesso di opere esterne, a forma lanceolata, e si realizzarono, lungo il perimetro definito dal fiume, il bastione Sapone (scomparso) ed un parapetto di terra, fascine ed opere murarie. In tale occasione si demolirono, lungo il perimetro fluviale, giardini, abitazioni, complessi conventuali e mulini ad acqua. Queste fortificazioni consentirono in effetti agli Austriaci di resistere ad oltranza, durante l’assedio borbonico del 1734, anche dopo che erano cadute le fortezze di Gaeta e di Pescara. Intorno alla meta del Settecento, con la dominazione borbonica, Capua continuo a rafforzare il suo carattere militare. (4)
“Intorno a Capua si svolsero alcuni dei principali episodi della guerra con cui i francesi del Mac Donald occuparono il napoletano: la citta assediata, dopo varie vicende si arrese ai francesi, il 12 gennaio del 1799, ma fu ripresa dai Borboni il 28 luglio di quello stesso anno. Rioccupata il 12 febbraio 1806 dai francesi, comandati da Massena, essa entro a far parte del Regno Napoletano, che fu prima di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino Murat. Caduto Napoleone e fallito il tentativo del Murat di chiamare l’Italia alla riscossa per conservare Napoli, fu stipulata presso Casa Lanza (a poche miglia da Capua) la convenzione per la cessione della fortezza il 20 maggio 1815. Quel trattato segno la fine del regno di Gioacchino Murat. Capua ritorno cosi sotto il governo di re Ferdinando IV. (5)
Con l’insediamento del Pirotecnico (1856), si potenzio la produzione bellica rendendo contestualmente piu sfavorevoli le condizioni della vita civile. (6)
La spedizione dei Mille, con la vittoria di Garibaldi al Volturno, il 1 ottobre 1860, decise le sorti di Capua e del Mezzogiorno d’Italia: tuttavia, la fortezza resistette per un mese ancora alle truppe garibaldine e regie del Menabrea e di Morozzo della Rocca, e soltanto il 2 novembre si arrese”. Nonostante Capua nel 1818 abbia cessato di essere centro amministrativo provinciale (perche la sede del capoluogo era stata trasferita dai Borboni a Caserta) e successivamente sia stata privata anche del suo Tribunale a favore della vicina Santa Maria Capua Vetere, ha continuato a esercitare una influenza spirituale, culturale e civile nel fervore di iniziative e nel genio dei suoi cittadini illustri la cui schiera, procedendo a ritroso e innumerevole. (7)
Nel tardo Ottocento, in seguito ad alcune iniziative culturali ispirate dall’erudito locale Gabriele Jannelli, venne fondato il Museo Campano. Il bombardamento aereo del 9 settembre 1943 arreco danni inestimabili. Vennero colpiti, tra l’altro, il ponte sul Volturno, il castello bastionato, il Gran Quartiere, il Duomo e molte altre chiese. I successivi interventi, non riuscendo ad offrire soluzioni valide, dequalificarono l’immagine della citta. Inoltre la speculazione edilizia – piu evidente nelle aree extraurbane e nell’ansa fluviale della Limata – si individua ora anche in piu parti del centro storico. (8)
* (1) (3) (5) (7) Dati storici tratti da Capua. Profilo Storico di Giuseppe Centore
Percorrendo le strade dell’attuale Capua (oggi con circa 18.000 ab.) si trovano reperti, prelevati dall’antica, inglobati nelle fabbriche medioevali e moderne. Nella configurazione della struttura urbana si distingue un gruppo di insulae, irregolari per orientamento e per forma, a sud-est del ponte sul Volturno. Qui la morfologia ed i documenti indicano la preesistenza di Casilino; l’espansione urbana, in eta medioevale, si proietto a nord e ad est di questo nucleo. La maglia stradale del centro storico presenta ancora molti dei caratteri stabiliti dai fondatori La struttura viaria risulta dalla sintesi di due schemi. Infatti il tridente – formato dalle vie Roma, Gran Priorato ed Appia – coesiste e si fonde con il piu semplice schema dei due assi ortogonali (vie Gran Priorato e Duomo). In questo schema stradale primario si inseriscono le strade minori che, correndo quasi parallele a via Duomo, determinano un reticolo piuttosto regolare. Lungo gli assi di via Duomo e di corso Gran Priorato si impostano le emergenze del potere ecclesiastico e politico: il Duomo e l’area palaziale con le cappelle palatine.
La posizione privilegiata del Duomo e subito evidente: si impernia al limite sud-ovest dell’area urbana in rapporto diretto con l’ansa fluviale ed il ponte. L’area palaziale risulta baricentrica e pertanto sembra esprimere la stabilita politica raggiunta, nel X secolo, dal principato.
Percorrendo le strade dell’attuale Capua (oggi con circa 18.000 ab.) si trovano reperti, prelevati dall’antica, inglobati nelle fabbriche medioevali e moderne. Nella configurazione della struttura urbana si distingue un gruppo di insulae, irregolari per orientamento e per forma, a sud-est del ponte sul Volturno. Qui la morfologia ed i documenti indicano la preesistenza di Casilino; l’espansione urbana, in eta medioevale, si proietto a nord e ad est di questo nucleo. La maglia stradale del centro storico presenta ancora molti dei caratteri stabiliti dai fondatori La struttura viaria risulta dalla sintesi di due schemi. Infatti il tridente – formato dalle vie Roma, Gran Priorato ed Appia – coesiste e si fonde con il piu semplice schema dei due assi ortogonali (vie Gran Priorato e Duomo). In questo schema stradale primario si inseriscono le strade minori che, correndo quasi parallele a via Duomo, determinano un reticolo piuttosto regolare. Lungo gli assi di via Duomo e di corso Gran Priorato si impostano le emergenze del potere ecclesiastico e politico: il Duomo e l’area palaziale con le cappelle palatine.
La posizione privilegiata del Duomo e subito evidente: si impernia al limite sud-ovest dell’area urbana in rapporto diretto con l’ansa fluviale ed il ponte. L’area palaziale risulta baricentrica e pertanto sembra esprimere la stabilita politica raggiunta, nel X secolo, dal principato.
Itinerario di visita
Il fulcro originario della citta e il Ponte Romano sul Volturno. Restaurato piu volte, in eta medioevale e moderna, venne ricostruito in seguito al bombardamento del 1943; i ruderi delle Torri di Federico II ne fiancheggiano l’ingresso occidentale.
Fatte costruire dall’imperatore Federico II di Svevia tra il 1234 ed il 1239, le Torri di Federico II o Arco di Trionfo sul Volturno rappresentano l’opera piu significativa del periodo svevo, definita “il gioiello dell’arte federiciana”. Tale maestoso monumento, disegnato, sembra, dallo stesso Federico II, fu realizzato utilizzando massi provenienti dalle rovine dell’antica Capua e soprattutto dall’Anfiteatro Campano. Le Torri, poste all’ingresso nord della citta e rivolte verso lo Stato Pontificio, furono erette non solo come struttura difensiva ma, probabilmente, perche “rifulgesse nella sua forma piu imponente e smagliante l’immagine della maesta sovrana di Federico II” (Capua, le Torri di Federico – Mons. Giuseppe Centore) e per esercitare il ruolo di Regia Dogana, d’ingresso monumentale al regno di Federico nonche per rivendicare la potesta dell’imperatore e delle sue leggi, a volte disapprovate dai pontefici. La struttura era costituita da due possenti torri a base ottagonale, ornate da sedici busti in pietra, tra loro collegate nella parte superiore da un ponte in legno e poste ai lati della porta sovrastata da un grandioso arco di trionfo adorno di iscrizioni e sculture. Tra le splendide statue poste a celebrare il valore e la bellezza dell’opera vi erano quella raffigurante Federico II (al centro) e quelle di Pietro della Vigna (lato destro) e di Taddeo da Sessa (lato sinistro). Al di sopra della volta della porta, impreziosita con marmi, vi era l’immagine di un volto femminile simboleggiante la fedelta di capua. Al pian terreno, poi, vi erano due vani collegati tra loro da corridoi che conducevano a quello sottostante il passaggio; da quest’ultimo, mediante una scala a chiocciola, si potevano raggiungere le sale al piano superiore. I lavori di realizzazione dell’opera furono diretti dall’arch. Niccolo de Cicala, cui si affiancarono Palmiero de Calve e Criscio Amalfitano, in qualita di ragionieri, e un certo Lifante, come maestro capo. Nel 1557, sotto Filippo II, per ordine del vicere duca d’Alba, il conte di Santafiora, commissario delle fortificazioni del regno, fece demolire l’arco e le due torri fino a poco piu del primo ordine, per creare nuove fortificazioni e conformare la struttura alle nuove esigenze imposte dall’uso dell’artiglieria. Una particolarita, ancora riscontrabile, delle torri e la presenza di simboli sui conci calcarei, rappresentanti le corporazioni di lapicidi che lavoravano alla realizzazione della struttura. Tra i vari simboli, tanti andati persi tra il 1928-36 quando fu eseguita la bocciardatura di molti conci calcarei, vi era, ad esempio, una sorta di testa di elefante (forse a rappresentare il maestro capo Lifante). I resti delle Torri di Federico, di cui oggi sono visibili le basi ottagonali con paramento calcareo (a bugne piatte magistralmente smussate negli spigoli) e parte delle torri cilindriche in tufo grigio, sono conservate, con altri importanti e noti frammenti della porta, nella Sala federiciana del Museo Campano. La porta ed il museo costituiscono gli elementi piu noti, studiati e visitati del centro urbano.
Fatte costruire dall’imperatore Federico II di Svevia tra il 1234 ed il 1239, le Torri di Federico II o Arco di Trionfo sul Volturno rappresentano l’opera piu significativa del periodo svevo, definita “il gioiello dell’arte federiciana”. Tale maestoso monumento, disegnato, sembra, dallo stesso Federico II, fu realizzato utilizzando massi provenienti dalle rovine dell’antica Capua e soprattutto dall’Anfiteatro Campano. Le Torri, poste all’ingresso nord della citta e rivolte verso lo Stato Pontificio, furono erette non solo come struttura difensiva ma, probabilmente, perche “rifulgesse nella sua forma piu imponente e smagliante l’immagine della maesta sovrana di Federico II” (Capua, le Torri di Federico – Mons. Giuseppe Centore) e per esercitare il ruolo di Regia Dogana, d’ingresso monumentale al regno di Federico nonche per rivendicare la potesta dell’imperatore e delle sue leggi, a volte disapprovate dai pontefici. La struttura era costituita da due possenti torri a base ottagonale, ornate da sedici busti in pietra, tra loro collegate nella parte superiore da un ponte in legno e poste ai lati della porta sovrastata da un grandioso arco di trionfo adorno di iscrizioni e sculture. Tra le splendide statue poste a celebrare il valore e la bellezza dell’opera vi erano quella raffigurante Federico II (al centro) e quelle di Pietro della Vigna (lato destro) e di Taddeo da Sessa (lato sinistro). Al di sopra della volta della porta, impreziosita con marmi, vi era l’immagine di un volto femminile simboleggiante la fedelta di capua. Al pian terreno, poi, vi erano due vani collegati tra loro da corridoi che conducevano a quello sottostante il passaggio; da quest’ultimo, mediante una scala a chiocciola, si potevano raggiungere le sale al piano superiore. I lavori di realizzazione dell’opera furono diretti dall’arch. Niccolo de Cicala, cui si affiancarono Palmiero de Calve e Criscio Amalfitano, in qualita di ragionieri, e un certo Lifante, come maestro capo. Nel 1557, sotto Filippo II, per ordine del vicere duca d’Alba, il conte di Santafiora, commissario delle fortificazioni del regno, fece demolire l’arco e le due torri fino a poco piu del primo ordine, per creare nuove fortificazioni e conformare la struttura alle nuove esigenze imposte dall’uso dell’artiglieria. Una particolarita, ancora riscontrabile, delle torri e la presenza di simboli sui conci calcarei, rappresentanti le corporazioni di lapicidi che lavoravano alla realizzazione della struttura. Tra i vari simboli, tanti andati persi tra il 1928-36 quando fu eseguita la bocciardatura di molti conci calcarei, vi era, ad esempio, una sorta di testa di elefante (forse a rappresentare il maestro capo Lifante). I resti delle Torri di Federico, di cui oggi sono visibili le basi ottagonali con paramento calcareo (a bugne piatte magistralmente smussate negli spigoli) e parte delle torri cilindriche in tufo grigio, sono conservate, con altri importanti e noti frammenti della porta, nella Sala federiciana del Museo Campano. La porta ed il museo costituiscono gli elementi piu noti, studiati e visitati del centro urbano.
Procedendo in Piazza dei Giudici, prima di raggiungere il Duomo (Cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo detta anche dei SS. Stefano e Agata), si puo vedere il varco medioevale di Porta Capuana.
Il Duomo fondato da Landulfo nell’856 subi varie trasformazioni e nell’XI secolo, ai tempi dell’arcivescovo Erveo (1072-1086), vi fu aggiunto il quadriportico poi denominato il “Paradiso”, nel cui sottosuolo fu dato luogo a sepolture. Il portico fu poi ampliato nel tardo Quattrocento dall’arcivescovo Giordano Gaetani. Nel 1119 ad opera del vescovo Ottone si ebbero altri interventi di arredo ed ornamentazione, seguiti nel 1120 da una riedificazione a pianta basilicale a tre navate divise da 24 colonne di granito. Nel 1130 altri lavori di ornamento furono eseguiti per volonta del vescovo Ugone. Nel Cinquecento furono realizzati l’altare della Cappella del tesoro e la sacrestia dei canonici per opera del cardinale Nicola Sermoneta e dell’arcivescovo Cesare Costa. Intorno al 1604, invece, per volonta del cardinale Roberto Bellarmino, in base alle norme controriformiste, fu abolito il coro trasferito nell’abside insieme con l’ambone e la cattedra vescovile centrale. Il Duomo fu poi ristrutturato radicalmente dall’arcivescovo Niccolo Caracciolo (1703-28) e dal cardinale Giuseppe Cosenza (1854-57) che affido i lavori all’architetto Federico Travaglini. Le sue opere diedero al Duomo l’aspetto che conservo fino al 1943, quando fu distrutta in seguito ai bombardamenti di cui la citta fu vittima nell’ultimo conflitto mondiale. Nel 1958 terminarono i lavori di ricostruzione. Nell’area antistante il Duomo, si erge la sua torre campanaria, piu volte restaurata. Fondata in epoca longobarda fu riedificata in eta normanna (XI-XII secolo). La base e costituita per i primi due ordini da blocchi calcarei d’epoca romana (su di alcuni e possibile vedere alcune iscrizioni che ne rimandano l’appartenenza ad antichi monumenti funebri romani); i successivi ordini, sono in muratura listata di tufo e mattoni. Sui quattro lati del campanile si aprono le bifore. In occasione del restauro ottocentesco le colonne, che scandivano l’ingresso nell’atrio rinascimentale, vennero sostituite dall’attuale prospetto neoclassico. Superato l’atrio, la facciata della chiesa testimonia la vastita del restauro post-bellico. All’interno l’originaria imponenza della fabbrica viene tuttavia testimoniata dalla solenne ampiezza della navata maggiore; l’aula, attraverso la ricorrente tipologia dello sviluppo simmetrico di archi e colonne (il cui numero alludeva a quello degli apostoli), risulta simmetricamente diaframmata dalle navatelle laterali. Nel Settecento la primitiva cripta medioevale venne sostituita, in corrispondenza della nuova tribuna presbiteriale, da un succorpo. Due scale immettono simmetricamente nella cripta realizzata sul modello del santo sepolcro di Gerusalemme. Il succorpo custodisce uno stupendo sarcofago tardo-romano, un Cristo deposto di Matteo Bottiglieri ed il busto della Madonna Addolorata attribuito al Canova. La piazzetta, antistante l’atrio del Duomo, e caratterizzata da una fontana a profilo concavo-convesso. Questo spazio venne realizzato nel Settecento attraverso l’abbattimento di alcune case; ancora in quell’epoca vi fu posta la fontana, sormontata non dall’attuale colonna in pietra grigia ma dal candelabro del cero pasquale (ora ricollocato nel Duomo). Nella torre campanaria e nella base del cero pasquale testimonianze rilevanti dell’arte romanica.
Il Duomo fondato da Landulfo nell’856 subi varie trasformazioni e nell’XI secolo, ai tempi dell’arcivescovo Erveo (1072-1086), vi fu aggiunto il quadriportico poi denominato il “Paradiso”, nel cui sottosuolo fu dato luogo a sepolture. Il portico fu poi ampliato nel tardo Quattrocento dall’arcivescovo Giordano Gaetani. Nel 1119 ad opera del vescovo Ottone si ebbero altri interventi di arredo ed ornamentazione, seguiti nel 1120 da una riedificazione a pianta basilicale a tre navate divise da 24 colonne di granito. Nel 1130 altri lavori di ornamento furono eseguiti per volonta del vescovo Ugone. Nel Cinquecento furono realizzati l’altare della Cappella del tesoro e la sacrestia dei canonici per opera del cardinale Nicola Sermoneta e dell’arcivescovo Cesare Costa. Intorno al 1604, invece, per volonta del cardinale Roberto Bellarmino, in base alle norme controriformiste, fu abolito il coro trasferito nell’abside insieme con l’ambone e la cattedra vescovile centrale. Il Duomo fu poi ristrutturato radicalmente dall’arcivescovo Niccolo Caracciolo (1703-28) e dal cardinale Giuseppe Cosenza (1854-57) che affido i lavori all’architetto Federico Travaglini. Le sue opere diedero al Duomo l’aspetto che conservo fino al 1943, quando fu distrutta in seguito ai bombardamenti di cui la citta fu vittima nell’ultimo conflitto mondiale. Nel 1958 terminarono i lavori di ricostruzione. Nell’area antistante il Duomo, si erge la sua torre campanaria, piu volte restaurata. Fondata in epoca longobarda fu riedificata in eta normanna (XI-XII secolo). La base e costituita per i primi due ordini da blocchi calcarei d’epoca romana (su di alcuni e possibile vedere alcune iscrizioni che ne rimandano l’appartenenza ad antichi monumenti funebri romani); i successivi ordini, sono in muratura listata di tufo e mattoni. Sui quattro lati del campanile si aprono le bifore. In occasione del restauro ottocentesco le colonne, che scandivano l’ingresso nell’atrio rinascimentale, vennero sostituite dall’attuale prospetto neoclassico. Superato l’atrio, la facciata della chiesa testimonia la vastita del restauro post-bellico. All’interno l’originaria imponenza della fabbrica viene tuttavia testimoniata dalla solenne ampiezza della navata maggiore; l’aula, attraverso la ricorrente tipologia dello sviluppo simmetrico di archi e colonne (il cui numero alludeva a quello degli apostoli), risulta simmetricamente diaframmata dalle navatelle laterali. Nel Settecento la primitiva cripta medioevale venne sostituita, in corrispondenza della nuova tribuna presbiteriale, da un succorpo. Due scale immettono simmetricamente nella cripta realizzata sul modello del santo sepolcro di Gerusalemme. Il succorpo custodisce uno stupendo sarcofago tardo-romano, un Cristo deposto di Matteo Bottiglieri ed il busto della Madonna Addolorata attribuito al Canova. La piazzetta, antistante l’atrio del Duomo, e caratterizzata da una fontana a profilo concavo-convesso. Questo spazio venne realizzato nel Settecento attraverso l’abbattimento di alcune case; ancora in quell’epoca vi fu posta la fontana, sormontata non dall’attuale colonna in pietra grigia ma dal candelabro del cero pasquale (ora ricollocato nel Duomo). Nella torre campanaria e nella base del cero pasquale testimonianze rilevanti dell’arte romanica.
Accanto al Duomo sorge il Museo Diocesano, inaugurato nel 1992 ed ospitato nella Cappella del Corpo di Cristo. Presenta due livelli che racchiudono diverse opere d’arte provenienti da chiese capuane. Al primo livello e possibile ammirare lungo le pareti alcune tele, dipinte per questa cappella dal pittore calabrese Tommaso Martini (1729). Di notevole rilevanza sono alcune tavole provenienti dal Duomo: La Madonna della rosa (XIV secolo); I Santi Stefano ed Agata (di un ignoto della seconda meta del XVI secolo, raffigurante anche una veduta di Capua); La Madonna con i Santi Stefano e Lucia (di Antoniazzo Romano). Sono inoltre presenti: urne marmoree d’eta imperiale, capitelli e marmi alto-medievali, stemmi vescovili e nobiliari, sculture, mattonelle maiolicate del tardo Quattrocento, i reliquiari di San Paolino, di San Biagio e di Sant’Eugenio in cristallo di rocca intagliato nell’Egitto dei fatimidi nel IX-X secolo, un Ecce Homo dipinto durante un rapimento mistico da Santa Maria Maddalena de’ Pazzi ecc..
Procedendo lungo via Duomo si giunge in via Roma dove sorge Palazzo Antignano sede del Museo Campano. Sullo sfondo del vicino arco degli Antignano e posta una fontana rinascimentale; la sua statua del Nettuno e conservata nell’antistante museo. Il Museo occupa l’ex-convento della Concezione ed il Palazzo Antignano, quest’ultimo venne trasformato ed ampliato, con l’aggregazione della vicina chiesa di San Lorenzo ad Crucem, intorno alla meta del Quattrocento, da Francesco Antignano, membro di una famiglia in auge presso il re Alfonso d’Aragona e parente della favorita del re Lucrezia d’Alagno. Il gusto dell’arte catalana si esprime qui non solo attraverso la scala aperta, il cortile quadrato e l’androne, ma anche nel portale ritenuto uno dei piu belli in tutto il regno di Napoli.
L’imponente portale tardo gotico di Palazzo Antignano e adornato dagli stemmi della famiglia Antignano e d’Alagno.
Il Palazzo e sede del Museo Campano dal 1874, ampliato nel 1940 con l’aggregazione del vicino ex-convento della Concezione. Nel museo si custodiscono una raccolta fittile dell’eta preromana, la collezione delle Madri, bassorilievi e sculture dell’eta preromanica e romanica. La serie delle Matres Matutae occupa piu sale del piano terra; le statue tufacee rappresentano donne sedute nell’atto di tenere in braccio bambini in fasce e sono statue votive dedicate alla dea della fecondita. Al primo piano, nella sezione medievale e moderna, nella Sala federiciana si trovano i resti delle Torri di Federico II di Svevia: la statua mutilata dell’imperatore, i busti di Pietro della Vigna e di Taddeo da Sessa, la testa femminile simbolo di Capua Fidelis, 6 antefisse ed altri reperti. Nella sala adiacente quella federiciana si trova una mosa raccolta di bassorilievi protoromanici in gran parte prelevati dalla chiesa inferiore di S. Giovanni a Corte.
Il museo comprende anche una notevole Pinacoteca, con dipinti dal secolo XIII al XVIII, tra cui opere di Bartolomeo Vivarini (Ecce Homo), una tavola di Angelillo Arcuccio (sec. XV), il polittico della Croce di Cristoforo Scacco (datato 1500) proveniente dalla Cattedrale di Sessa Aurunca e, di recente acquisizione, un affresco con l’Assunzione di Maria probabilmente della fine del ‘200, gia nella chiesa capuana di S. Salvatore in Piccolo.
Presenti, inoltre, una documentata collezione di monete di varie epoche e medaglie tra le quali esemplari rari del Rinascimento, e ancora mosaici, sarcofagi, collezioni di vasi e bronzi, terrecotte votive e architettoniche, sculture rinascimentali, stemmi ecc..
Infine, importante la presenza di una ricca Biblioteca. In essa sono custodite oltre 70.000 unita, tra riveste, manoscritti, stampe ecc..
L’imponente portale tardo gotico di Palazzo Antignano e adornato dagli stemmi della famiglia Antignano e d’Alagno.
Il Palazzo e sede del Museo Campano dal 1874, ampliato nel 1940 con l’aggregazione del vicino ex-convento della Concezione. Nel museo si custodiscono una raccolta fittile dell’eta preromana, la collezione delle Madri, bassorilievi e sculture dell’eta preromanica e romanica. La serie delle Matres Matutae occupa piu sale del piano terra; le statue tufacee rappresentano donne sedute nell’atto di tenere in braccio bambini in fasce e sono statue votive dedicate alla dea della fecondita. Al primo piano, nella sezione medievale e moderna, nella Sala federiciana si trovano i resti delle Torri di Federico II di Svevia: la statua mutilata dell’imperatore, i busti di Pietro della Vigna e di Taddeo da Sessa, la testa femminile simbolo di Capua Fidelis, 6 antefisse ed altri reperti. Nella sala adiacente quella federiciana si trova una mosa raccolta di bassorilievi protoromanici in gran parte prelevati dalla chiesa inferiore di S. Giovanni a Corte.
Il museo comprende anche una notevole Pinacoteca, con dipinti dal secolo XIII al XVIII, tra cui opere di Bartolomeo Vivarini (Ecce Homo), una tavola di Angelillo Arcuccio (sec. XV), il polittico della Croce di Cristoforo Scacco (datato 1500) proveniente dalla Cattedrale di Sessa Aurunca e, di recente acquisizione, un affresco con l’Assunzione di Maria probabilmente della fine del ‘200, gia nella chiesa capuana di S. Salvatore in Piccolo.
Presenti, inoltre, una documentata collezione di monete di varie epoche e medaglie tra le quali esemplari rari del Rinascimento, e ancora mosaici, sarcofagi, collezioni di vasi e bronzi, terrecotte votive e architettoniche, sculture rinascimentali, stemmi ecc..
Infine, importante la presenza di una ricca Biblioteca. In essa sono custodite oltre 70.000 unita, tra riveste, manoscritti, stampe ecc..
Uscendo dal Museo Campano e percorrendo a destra via Roma si giunge all’incrocio con via Principi Longobardi. In questa via, nell’area palaziale, si trovano le chiese di S. Giovanni a Corte e S. Salvatore a Corte che, insieme alla vicina chiesa di S. Michele a Corte (via S. Michele a Corte parallela di via Principi Longobardi) costituiscono le tre Cappelle ad Curtim (per visitarle rivolgersi al parroco del Duomo).
La chiesa di S. Giovanni a Corte e stata edificata nel IX secolo. Presenta, in seguito ad un restauro settecentesco, un ribaltamento ingresso-altare; e a navata unica e si svolge su due livelli. Sopra il portale e presente un affresco raffigurante San Giovanni; la facciata laterale liscia ha tre finestre alte. La sacrestia e coperta da quattro volte a crociera che convergono sulla colonna centrale.
Poco piu avanti e ubicata la chiesa di S. Salvatore a Corte. Fu fondata dalla contessa longobarda Adelgrima nel 960. Il campanile della chiesa, realizzato in tufo grigio, risale alla prima meta del XIII secolo, cosi come la facciata. L’atrio dell’eta longobarda risulta inglobato, come avviene anche in S. Michele a Corte, nella navata. Nella chiesa, come del resto in quella di S. Giovanni a Corte, esistono frammenti degli affreschi dell’eta longobarda. Tuttavia S. Salvatore presenta un piu ricco impianto; venne, infatti, ingrandita nell’eta normanna con le navate laterali.
La chiesa di S. Michele a Corte, fu fondata fra il IX e il X secolo. Pur nella semplicita dell’unica navata, presenta un invaso spaziale piuttosto articolato per la cupoletta (che corona il presbiterio, soprelevato e diaframmato da un triforio) e per la cripta. La colonna presente nella cripta e la suddivisione dello spazio interno riconducono ad influenze bizantine. L’abside e decorato da affreschi di varie epoche (il Cristo, il San Michele e l’Annunciazione), mentre altri, ormai poco visibili, decoravano in passato le pareti.
La chiesa di S. Giovanni a Corte e stata edificata nel IX secolo. Presenta, in seguito ad un restauro settecentesco, un ribaltamento ingresso-altare; e a navata unica e si svolge su due livelli. Sopra il portale e presente un affresco raffigurante San Giovanni; la facciata laterale liscia ha tre finestre alte. La sacrestia e coperta da quattro volte a crociera che convergono sulla colonna centrale.
Poco piu avanti e ubicata la chiesa di S. Salvatore a Corte. Fu fondata dalla contessa longobarda Adelgrima nel 960. Il campanile della chiesa, realizzato in tufo grigio, risale alla prima meta del XIII secolo, cosi come la facciata. L’atrio dell’eta longobarda risulta inglobato, come avviene anche in S. Michele a Corte, nella navata. Nella chiesa, come del resto in quella di S. Giovanni a Corte, esistono frammenti degli affreschi dell’eta longobarda. Tuttavia S. Salvatore presenta un piu ricco impianto; venne, infatti, ingrandita nell’eta normanna con le navate laterali.
La chiesa di S. Michele a Corte, fu fondata fra il IX e il X secolo. Pur nella semplicita dell’unica navata, presenta un invaso spaziale piuttosto articolato per la cupoletta (che corona il presbiterio, soprelevato e diaframmato da un triforio) e per la cripta. La colonna presente nella cripta e la suddivisione dello spazio interno riconducono ad influenze bizantine. L’abside e decorato da affreschi di varie epoche (il Cristo, il San Michele e l’Annunciazione), mentre altri, ormai poco visibili, decoravano in passato le pareti.
Al limite meridionale dell’area palaziale e il Corso Gran Priorato di Malta su cui si aprono le chiese medioevali dei SS. Rufo e Carponio e di S. Marcello Maggiore.
La chiesa dei SS. Rufo e Carponio fu fondata dai longobardi intorno alla meta dell’XI secolo. La struttura si presenta a tre navate con absidi separate da colonne. Nel 1720, quando la chiesa torno sotto la giurisdizione dell’arcivescovo, fu sottoposta ad un restauro che comporto la realizzazione di un nuovo pavimento, la copertura del soffitto a volta e l’incorporazione delle colonne in pilastri. Restauri realizzati in epoca piu recente hanno portato all’eliminazione di questi elementi. Affreschi del XII secolo decorano l’abside principale, quella a sinistra dell’ingresso e l’inizio della navata destra, mentre risalgono al XVI-XVII secolo quelli dell’abside sinistra e di destra.
La chiesa di S. Marcello Maggiore fu fondata prima del X secolo, poiche tale chiesa viene indicata come il luogo in cui avvenne nel 990 l’assassinio del principe Landolfo I Capodiferro. Molto noto e il portale settentrionale; il suo architrave presenta un’iscrizione che ricorda l’abate Alferio, il quale realizzo un restauro nella prima meta del XII secolo. Sul lato sinistro vi e un altro portale sormontato da un’aquila; negli stipiti sono scolpite scene bibliche e cavalleresche che sono tra le piu significative sculture campane della prima meta del XII secolo. In origine la chiesa presentava tre navate, ma in epoca normanna fu demolita quella di destra per consentire la realizzazione del prolungamento della strada. Tracce di quello sinistro si rinvengono, invece, nella sagrestia.
La chiesa dei SS. Rufo e Carponio fu fondata dai longobardi intorno alla meta dell’XI secolo. La struttura si presenta a tre navate con absidi separate da colonne. Nel 1720, quando la chiesa torno sotto la giurisdizione dell’arcivescovo, fu sottoposta ad un restauro che comporto la realizzazione di un nuovo pavimento, la copertura del soffitto a volta e l’incorporazione delle colonne in pilastri. Restauri realizzati in epoca piu recente hanno portato all’eliminazione di questi elementi. Affreschi del XII secolo decorano l’abside principale, quella a sinistra dell’ingresso e l’inizio della navata destra, mentre risalgono al XVI-XVII secolo quelli dell’abside sinistra e di destra.
La chiesa di S. Marcello Maggiore fu fondata prima del X secolo, poiche tale chiesa viene indicata come il luogo in cui avvenne nel 990 l’assassinio del principe Landolfo I Capodiferro. Molto noto e il portale settentrionale; il suo architrave presenta un’iscrizione che ricorda l’abate Alferio, il quale realizzo un restauro nella prima meta del XII secolo. Sul lato sinistro vi e un altro portale sormontato da un’aquila; negli stipiti sono scolpite scene bibliche e cavalleresche che sono tra le piu significative sculture campane della prima meta del XII secolo. In origine la chiesa presentava tre navate, ma in epoca normanna fu demolita quella di destra per consentire la realizzazione del prolungamento della strada. Tracce di quello sinistro si rinvengono, invece, nella sagrestia.
Proseguendo lungo Corso Gran Priorato di Malta troviamo, accanto alla sede della Facolta di Economia di Capua, la chiesa di S. Maria delle Dame Monache.
La chiesa di S. Maria delle Dame Monache, in fase di restauro, fu costruita nel 952, ma completamente ricostruita in eta barocca e consacrata nel 1726. La struttura, rivestita con stucchi pregevoli rimanda ad esempi napoletani contemporanei e presenta notevoli qualita spaziali e scenografiche, ben evidenti nel loggiato della facciata. Il convento, dal 1812, fu adibito a caserma ed oggi ospita l’universita.
La chiesa di S. Maria delle Dame Monache, in fase di restauro, fu costruita nel 952, ma completamente ricostruita in eta barocca e consacrata nel 1726. La struttura, rivestita con stucchi pregevoli rimanda ad esempi napoletani contemporanei e presenta notevoli qualita spaziali e scenografiche, ben evidenti nel loggiato della facciata. Il convento, dal 1812, fu adibito a caserma ed oggi ospita l’universita.
Tornando verso la chiesa di S. Marcello e svoltando in via Principi Normanni si giunge, percorrendo tale via, alla Sala d’Armi.
La Sala d’Armi deriva dal rifacimento della chiesa di San Giovanni delle Monache fondata nel X secolo. Difatti la chiesa fino al 1574 ospitava i benedettini, poi fu ricostruita nel 1737 a pianta centrale su disegni di Ferdinando Sanfelice, consacrata nel 1753, e adibita a Sala d’Armi dopo un’opera di rifacimento avvenuta tra il 1830 ed il 1843 secondo progetti del colonnello Gennaro Loiacono. Fu rifatta la facciata, che presenta un portale bugnato e trofei d’armi in stucco, e fu inserita all’interno una struttura lignea con rastrelliere per le armi, con due scale di accesso laterali e un‘ingegnosa scala a doppia coclea concentrica in una sorta di torre centrale, che consentiva una rapida movimentazione delle armi.
Uscendo dalla Sala d’Armi, sul lato destro, si trova la chiesa di S. Angelo in Audoaldis la cui iscrizione dedicatoria – architrave del portale d’ingresso – e coeva alla fondazione della citta.
La chiesa di S. Angelo in Audoaldis, d’origine alto-medievale, si trovava presso il palazzo della nobile famiglia longobarda degli Audoalt, ed era costituita da una semplice cella trifora. In seguito fu donata ai benedettini (1065) e ricostruita a pianta basicale a tre navate nella prima meta dell’XI secolo. Nel 1790 fu sconsacrata e usata come deposito. La chiesa fu restaurata dopo il 1948 e poi recentemente; restauro che ha interessato anche la piazzetta omonima che ospita la chiesa, spazio che fu restituito ufficialmente alla cittadinanza con una cerimonia d’inaugurazione del dicembre 2004. Oggi, parte della piazzetta e impegnata da una recinzione in seguito ai lavori di ristrutturazione che interessano la vicina caserma Gorini.
Vicino la Sala D’Armi sorge il Castello normanno delle Pietre,.
Il Castello delle Pietre fu fondato nel 1062, quando avvenne la resa di Capua ai normanni. Il castello aveva una funzione essenzialmente militare di difesa verso meridione, lato dove manca un prospetto distrutto per esigenze di ammodernamento delle fortificazioni. Il primo ordine delle sue cortine e del torrione e composto da blocchi parallelepipedi calcarei prelevati dalla struttura dell’Anfiteatro Campano. La facciata presenta finestre aperte in epoca aragonese e, sul lato sinistro della facciata, una torre quadrata in tufo suddivisa in tre piani, l’ultimo dei quali presenta bifore e merlatura realizzate a cura del Genio Militare nel 1875 (anno in cui la torre fu dichiarata monumento nazionale). La torre e stata sottoposta ad un’opera di restauro conclusasi circa tre anni fa. Dal Quattrocento il castello ospito importanti famiglie: i Marzano, che nel 1388 lo ampliarono; i De Capua e i Duchi di Migliano. In seguito, nel 1734, fu trasformato in ospedale per le truppe spagnole e, dal 1806, fu utilizzato come arsenale militare. Il monumento e sede del Distaccamento di Polizia Stradale di Capua.
La Sala d’Armi deriva dal rifacimento della chiesa di San Giovanni delle Monache fondata nel X secolo. Difatti la chiesa fino al 1574 ospitava i benedettini, poi fu ricostruita nel 1737 a pianta centrale su disegni di Ferdinando Sanfelice, consacrata nel 1753, e adibita a Sala d’Armi dopo un’opera di rifacimento avvenuta tra il 1830 ed il 1843 secondo progetti del colonnello Gennaro Loiacono. Fu rifatta la facciata, che presenta un portale bugnato e trofei d’armi in stucco, e fu inserita all’interno una struttura lignea con rastrelliere per le armi, con due scale di accesso laterali e un‘ingegnosa scala a doppia coclea concentrica in una sorta di torre centrale, che consentiva una rapida movimentazione delle armi.
Uscendo dalla Sala d’Armi, sul lato destro, si trova la chiesa di S. Angelo in Audoaldis la cui iscrizione dedicatoria – architrave del portale d’ingresso – e coeva alla fondazione della citta.
La chiesa di S. Angelo in Audoaldis, d’origine alto-medievale, si trovava presso il palazzo della nobile famiglia longobarda degli Audoalt, ed era costituita da una semplice cella trifora. In seguito fu donata ai benedettini (1065) e ricostruita a pianta basicale a tre navate nella prima meta dell’XI secolo. Nel 1790 fu sconsacrata e usata come deposito. La chiesa fu restaurata dopo il 1948 e poi recentemente; restauro che ha interessato anche la piazzetta omonima che ospita la chiesa, spazio che fu restituito ufficialmente alla cittadinanza con una cerimonia d’inaugurazione del dicembre 2004. Oggi, parte della piazzetta e impegnata da una recinzione in seguito ai lavori di ristrutturazione che interessano la vicina caserma Gorini.
Vicino la Sala D’Armi sorge il Castello normanno delle Pietre,.
Il Castello delle Pietre fu fondato nel 1062, quando avvenne la resa di Capua ai normanni. Il castello aveva una funzione essenzialmente militare di difesa verso meridione, lato dove manca un prospetto distrutto per esigenze di ammodernamento delle fortificazioni. Il primo ordine delle sue cortine e del torrione e composto da blocchi parallelepipedi calcarei prelevati dalla struttura dell’Anfiteatro Campano. La facciata presenta finestre aperte in epoca aragonese e, sul lato sinistro della facciata, una torre quadrata in tufo suddivisa in tre piani, l’ultimo dei quali presenta bifore e merlatura realizzate a cura del Genio Militare nel 1875 (anno in cui la torre fu dichiarata monumento nazionale). La torre e stata sottoposta ad un’opera di restauro conclusasi circa tre anni fa. Dal Quattrocento il castello ospito importanti famiglie: i Marzano, che nel 1388 lo ampliarono; i De Capua e i Duchi di Migliano. In seguito, nel 1734, fu trasformato in ospedale per le truppe spagnole e, dal 1806, fu utilizzato come arsenale militare. Il monumento e sede del Distaccamento di Polizia Stradale di Capua.
Si giunge cosi a Largo Porta Napoli dove, su progetto di Ambrogio Attendolo, fu realizzato l’ingresso trionfale di Porta Napoli nel tardo Cinquecento, pur presentando affinita formali con la quattrocentesca Porta Capuana di Napoli. Oltre la porta, dal ponte sul fossato, si distingue una parte della corona bastionata rinascimentale; al suo limite occidentale, incluso nell’area dello Stabilimento Militare Pirotecnico (fabbrica di cartucce e altri materiali bellici), area gestita dal Ministero per la Difesa, si trova il castello cinquecentesco di Carlo V detto degli Spagnoli.
Il Castello di Carlo V fu costruito nel 1542 su progetto dell’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya, barone di Segine ed altre Terre nel Salento nonche ispettore generale delle opere fortificate del regno, con la supervisione dell’ingegnere capuano Ambrogio Attendolo, direttore dei lavori. Il Castello rientra nel progetto di rafforzamento difensivo voluto dall’imperatore Carlo V, un programma che prevedeva la realizzazione di fortificazioni che rispondessero alle nuove esigenze di difesa e belliche. Il forte occupa una superficie di 8500 mq ca., compreso l’ampio cortile centrale, ha pianta quadrata con bastioni a forma lanceolata muniti di coppie di orecchioni cilindrici e sovrastanti garitte semicilindriche. All’interno, su piu livelli, vi sono diversi ambienti per l’alloggio dei militari ed il deposito delle polveri da sparo. L’ingresso si trova al centro della cortina principale, al quale si accede grazie ad un ponte su archi e pilastri. Durante la dominazione borbonica ed i successivi dieci anni di occupazione francese, il castello ha continuato ad ospitare i soldati e le armi. Dal 1848 al 1852 (periodo dopo la restaurazione della dinastia spagnola dei Borbone) il forte e stato utilizzato come prigione per condannati politici. Quindi, e stato sottoposto ad una parziale ristrutturazione e, a partire dal 1865, e stato destinato a Laboratorio Pirotecnico per il confezionamento di cartucce da fucile, cartocci per l’artiglieria ed altro materiale bellico. Dal 1914 al 1940, si sono avute altre trasformazioni degli ambienti in luoghi per la lavorazione ed il deposito, al fine di rispondere alle esigenze di natura bellica (maggiore produzione di armi) dovute alle due guerre mondiali. Nel 1943 il castello ha subito ingenti danni in seguito ai bombardamenti aerei che hanno colpito Capua ed ha perso la sua funzione di Pirotecnico militare andando in declino. Dal 1982 ad oggi, grazie agli interventi di tutela attuati dai direttori dello stabilimento militare Pirotecnico, il castello e stato recuperato e risanato in molte sue parti. Gli ultimi importanti interventi di consolidamento, che hanno permesso di recuperare parzialmente il monumento eliminando delle stratificazioni e rendendo fruibili nuovi locali, risalgono al 2000. Il castello, data la sua ubicazione all’interno dello stabilimento, e visitabile solo in particolari occasioni e mediante “visite a pacchetti”, in cui i visitatori sono identificabili a priori.
Il Castello di Carlo V fu costruito nel 1542 su progetto dell’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya, barone di Segine ed altre Terre nel Salento nonche ispettore generale delle opere fortificate del regno, con la supervisione dell’ingegnere capuano Ambrogio Attendolo, direttore dei lavori. Il Castello rientra nel progetto di rafforzamento difensivo voluto dall’imperatore Carlo V, un programma che prevedeva la realizzazione di fortificazioni che rispondessero alle nuove esigenze di difesa e belliche. Il forte occupa una superficie di 8500 mq ca., compreso l’ampio cortile centrale, ha pianta quadrata con bastioni a forma lanceolata muniti di coppie di orecchioni cilindrici e sovrastanti garitte semicilindriche. All’interno, su piu livelli, vi sono diversi ambienti per l’alloggio dei militari ed il deposito delle polveri da sparo. L’ingresso si trova al centro della cortina principale, al quale si accede grazie ad un ponte su archi e pilastri. Durante la dominazione borbonica ed i successivi dieci anni di occupazione francese, il castello ha continuato ad ospitare i soldati e le armi. Dal 1848 al 1852 (periodo dopo la restaurazione della dinastia spagnola dei Borbone) il forte e stato utilizzato come prigione per condannati politici. Quindi, e stato sottoposto ad una parziale ristrutturazione e, a partire dal 1865, e stato destinato a Laboratorio Pirotecnico per il confezionamento di cartucce da fucile, cartocci per l’artiglieria ed altro materiale bellico. Dal 1914 al 1940, si sono avute altre trasformazioni degli ambienti in luoghi per la lavorazione ed il deposito, al fine di rispondere alle esigenze di natura bellica (maggiore produzione di armi) dovute alle due guerre mondiali. Nel 1943 il castello ha subito ingenti danni in seguito ai bombardamenti aerei che hanno colpito Capua ed ha perso la sua funzione di Pirotecnico militare andando in declino. Dal 1982 ad oggi, grazie agli interventi di tutela attuati dai direttori dello stabilimento militare Pirotecnico, il castello e stato recuperato e risanato in molte sue parti. Gli ultimi importanti interventi di consolidamento, che hanno permesso di recuperare parzialmente il monumento eliminando delle stratificazioni e rendendo fruibili nuovi locali, risalgono al 2000. Il castello, data la sua ubicazione all’interno dello stabilimento, e visitabile solo in particolari occasioni e mediante “visite a pacchetti”, in cui i visitatori sono identificabili a priori.
Da Porta Napoli a Piazza dei Giudici si individuano altre importanti opere: la chiesa dell’Annunziata, il Palazzo di Giustizia o del Governatore, la chiesa di S. Eligio, il Palazzo della Gran Guardia o Bivach, e, poco distante, il Palazzo Fieramosca.
La chiesa dell’Annunziata, fondata verso tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo sotto il regno di Carlo II D’Angio, con annesso l’ospedale ed il monastero cui e collegata mediante un cavalcavia che sormonta il Corso Appio, fu ricostruita tra il 1531 ed il 1574, utilizzando pietre provenienti dall’Anfiteatro Campano, con aspetto rinascimentale. Nel Seicento e Settecento e stata oggetto di vari interventi sia all’interno che sulla facciata principale, dove e possibile ammirare le statue di Sant’Antonio Abate e di Santa Lucia risalenti al Seicento. Sul retro della chiesa vi sono il campanile, attribuito a Giovan Francesco Di Palma, e la cupola, di Domenico Fontana. La chiesa presenta un atrio ed una sola navata con cappelle. L’interno fu rivestito con stucchi verso la meta del Settecento, ma sono ancora visibili lungo l’arco trionfale parti delle membrature lapidee del Cinquecento. Di notevole fascino il soffitto ligneo cinquecentesco, che danneggiato durante i bombardamenti del 1943 fu in seguito in gran parte rifatto. Esso racchiude undici dipinti raffiguranti Storie della vita di Maria e di Gesu, Il sogno di Giuseppe, La fuga in Egitto e L’incoronazione di Maria.
In Piazza dei Giudici, cuore della citta, si trova il Palazzo di Giustizia o del Governatore. Sorto nella seconda meta del Cinquecento su progetto dell’architetto capuano Ambrogio Attendolo (che ne segui la realizzazione fino al 1585, anno della sua morte) ebbe la funzione di sede del governatore della citta e della corte di giustizia. Al 1593 risale la costruzione del balcone marmoreo sul lato destro della facciata (posizione quasi centrale rispetto alla piazza). Il pianterreno dell’edificio ospitava anche le carceri. Sotto le finestre del pianterreno vi sono sei busti di divinita dell’eta imperiale provenienti dall’anfiteatro capuano. Sempre d’eta imperiale e il busto che sovrasta il portale, sormontato a sua volta dagli stemmi della citta.
Vicino al Palazzo del Governatore si trovano la chiesa di S. Eligio (a sinistra) e il Palazzo della Gran Guardia o Bivach (a destra).
La chiesa di S. Eligio, edificata verso la fine del XIII secolo, ha subito nel corso del tempo numerosi rifacimenti. Come la chiesa dell’Annunziata anche S. Eligio era collegata ad un monastero e un ospedale, fondato nel 1361, trasformati in caserma dopo il 1809. La facciata che presenta tratti caratteristici del tardo barocco napoletano, risale al Settecento. Sulla destra della facciata si trova l’Arco Mazzocchi risalente al Quattrocento. Accanto troviamo il Palazzo dell’Udienza del XVIII secolo, sulla cui facciata si puo ammirare un orologio in maiolica del XVIII-XIX secolo. L’interno della chiesa e a navata unica con cappelle laterali. L’aspetto risente delle opere di restauro effettuate nel XVII secolo, che determinarono la realizzazione degli stucchi, degli altari marmorei e degli organi intagliati. Sull’altare maggiore si trova una tela raffigurante L’Immacolata ed i Santi Eligio e Carlo Borromeo di Leonardo Olivieri (1747). Il Campanile di S. Eligio fu realizzato negli anni 1514-1524.
Il Palazzo della Gran Guardia o Bivach fu realizzato tra il 1608 ed il 1611 all’epoca del vicere conte Lemos. L’aspetto attuale del palazzo risale pero a dopo il 1870. Esso ospitava il corpo di guardia al servizio del Palazzo del Governatore. Il palazzo venne restaurato nel 1675-76, intervento al quale risalgono la statua del re Carlo II d’Asburgo, di Giovan Battista Cappelli, le epigrafi e gli stemmi, di Pietro Sanbarberio. La facciata presenta tre arcate; su quella centrale, a sinistra e visibile lo stemma di Capua, al centro gli stemmi del re di Spagna e a destra del vicere Los Velez, al quale si deve il restauro seicentesco.
Poco distante dal Palazzo della Gran Guardia sorge il Palazzo Fieramosca (sito nella omonima via).
Il Palazzo Fieramosca, gia esistente nel Duecento, venne ampliato, per volonta di Bartolomeo di Capua, nella prima meta del secolo successivo e qui nacque Carlo III di Durazzo detto appunto il Capuano. Il palazzo costituisce un autentico palinsesto: in facciata si alternano e si sovrappongono finestre gotiche e rinascimentali; lungo il prospetto posteriore della torre (bombardata nel ’43 e ulteriormente danneggiata dal terremoto del 1980) s’individuano inoltre frammenti di finestrelle romaniche. Infine nel cortile – il cui porticato gotico venne ampliato nell’eta di Rinaldo ed Ettore Fieramosca l’eroe della Disfida di Barletta – sono reimpiegati tre splendidi capitelli dell’eta longobarda.
La chiesa dell’Annunziata, fondata verso tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo sotto il regno di Carlo II D’Angio, con annesso l’ospedale ed il monastero cui e collegata mediante un cavalcavia che sormonta il Corso Appio, fu ricostruita tra il 1531 ed il 1574, utilizzando pietre provenienti dall’Anfiteatro Campano, con aspetto rinascimentale. Nel Seicento e Settecento e stata oggetto di vari interventi sia all’interno che sulla facciata principale, dove e possibile ammirare le statue di Sant’Antonio Abate e di Santa Lucia risalenti al Seicento. Sul retro della chiesa vi sono il campanile, attribuito a Giovan Francesco Di Palma, e la cupola, di Domenico Fontana. La chiesa presenta un atrio ed una sola navata con cappelle. L’interno fu rivestito con stucchi verso la meta del Settecento, ma sono ancora visibili lungo l’arco trionfale parti delle membrature lapidee del Cinquecento. Di notevole fascino il soffitto ligneo cinquecentesco, che danneggiato durante i bombardamenti del 1943 fu in seguito in gran parte rifatto. Esso racchiude undici dipinti raffiguranti Storie della vita di Maria e di Gesu, Il sogno di Giuseppe, La fuga in Egitto e L’incoronazione di Maria.
In Piazza dei Giudici, cuore della citta, si trova il Palazzo di Giustizia o del Governatore. Sorto nella seconda meta del Cinquecento su progetto dell’architetto capuano Ambrogio Attendolo (che ne segui la realizzazione fino al 1585, anno della sua morte) ebbe la funzione di sede del governatore della citta e della corte di giustizia. Al 1593 risale la costruzione del balcone marmoreo sul lato destro della facciata (posizione quasi centrale rispetto alla piazza). Il pianterreno dell’edificio ospitava anche le carceri. Sotto le finestre del pianterreno vi sono sei busti di divinita dell’eta imperiale provenienti dall’anfiteatro capuano. Sempre d’eta imperiale e il busto che sovrasta il portale, sormontato a sua volta dagli stemmi della citta.
Vicino al Palazzo del Governatore si trovano la chiesa di S. Eligio (a sinistra) e il Palazzo della Gran Guardia o Bivach (a destra).
La chiesa di S. Eligio, edificata verso la fine del XIII secolo, ha subito nel corso del tempo numerosi rifacimenti. Come la chiesa dell’Annunziata anche S. Eligio era collegata ad un monastero e un ospedale, fondato nel 1361, trasformati in caserma dopo il 1809. La facciata che presenta tratti caratteristici del tardo barocco napoletano, risale al Settecento. Sulla destra della facciata si trova l’Arco Mazzocchi risalente al Quattrocento. Accanto troviamo il Palazzo dell’Udienza del XVIII secolo, sulla cui facciata si puo ammirare un orologio in maiolica del XVIII-XIX secolo. L’interno della chiesa e a navata unica con cappelle laterali. L’aspetto risente delle opere di restauro effettuate nel XVII secolo, che determinarono la realizzazione degli stucchi, degli altari marmorei e degli organi intagliati. Sull’altare maggiore si trova una tela raffigurante L’Immacolata ed i Santi Eligio e Carlo Borromeo di Leonardo Olivieri (1747). Il Campanile di S. Eligio fu realizzato negli anni 1514-1524.
Il Palazzo della Gran Guardia o Bivach fu realizzato tra il 1608 ed il 1611 all’epoca del vicere conte Lemos. L’aspetto attuale del palazzo risale pero a dopo il 1870. Esso ospitava il corpo di guardia al servizio del Palazzo del Governatore. Il palazzo venne restaurato nel 1675-76, intervento al quale risalgono la statua del re Carlo II d’Asburgo, di Giovan Battista Cappelli, le epigrafi e gli stemmi, di Pietro Sanbarberio. La facciata presenta tre arcate; su quella centrale, a sinistra e visibile lo stemma di Capua, al centro gli stemmi del re di Spagna e a destra del vicere Los Velez, al quale si deve il restauro seicentesco.
Poco distante dal Palazzo della Gran Guardia sorge il Palazzo Fieramosca (sito nella omonima via).
Il Palazzo Fieramosca, gia esistente nel Duecento, venne ampliato, per volonta di Bartolomeo di Capua, nella prima meta del secolo successivo e qui nacque Carlo III di Durazzo detto appunto il Capuano. Il palazzo costituisce un autentico palinsesto: in facciata si alternano e si sovrappongono finestre gotiche e rinascimentali; lungo il prospetto posteriore della torre (bombardata nel ’43 e ulteriormente danneggiata dal terremoto del 1980) s’individuano inoltre frammenti di finestrelle romaniche. Infine nel cortile – il cui porticato gotico venne ampliato nell’eta di Rinaldo ed Ettore Fieramosca l’eroe della Disfida di Barletta – sono reimpiegati tre splendidi capitelli dell’eta longobarda.
Percorrendo piu diffusamente il centro storico si scopriranno reperti romani, sculture romaniche, elementi gotici, chiostri rinascimentali, chiese barocche ed una serie di palazzi la cui architettura si estende dal tardo Gotico al Neoclassico.
Il viaggio attraverso le bellezze di Capua continua nella sua frazione, Sant’Angelo in Formis, sita ai piedi del monte Tifata. Per raggiungere Sant’Angelo partendo dalla Chiesa di S. Maria delle Dame Monache (Corso Gran Priorato di Malta), bisogna proseguire a destra immettendosi su via Tifatina. Quindi si svolta a destra e seguendo la strada si giunge all’acquedotto. Qui si gira a sinistra (Strada Provinciale per Sant’Angelo in Formis), si procede sempre dritto e dopo circa 4 km si giunge alla meta. La frazione ospita la bellissima basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis. L’interesse della basilica e dato, oltre che dalla sua architettura, anche dal fatto che insiste sull’antico tempio di Diana Tifatina, dea della caccia. La chiesa risale al X secolo, ma probabilmente fu fondata in periodo anteriore dai principi longobardi che la dedicarono all’arcangelo Michele. Nel 1072 fu ricostruita dai benedettini che la ultimarono nel 1087. La facciata ed il campanile risalgono al XII secolo. L’interesse per la basilica e accresciuto dagli affreschi che ne decorano l’interno costituendo il maggior ciclo pittorico, relativo ai secoli XI e XII, conservato nell’Italia meridionale. Sulle pareti della navata centrale si possono ammirare Storie del Nuovo Testamento, mentre nell’abside principale Cristo benedicente con i simboli degli Evangelisti e nella parte inferiore I tre Arcangeli e l’abate Desiderio che offre il modello della chiesa. In controfacciata vi e il Giudizio Universale.
Bibliografia:
– Capua, architettura e arte – Giulio Pane e Angerio Filangieri
– Capua, le Torri di Federico – Giuseppe Centore
– Capua, guida a schede del centro storico – Comune di Capua, Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di caserta, Curia Arcivescovile di Capua e Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Caserta
– Il Castello di Carlo V a Capua. Permanenze, personaggi, segni, progetti – Ciro Robotti
– Capua, architettura e arte – Giulio Pane e Angerio Filangieri
– Capua, le Torri di Federico – Giuseppe Centore
– Capua, guida a schede del centro storico – Comune di Capua, Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di caserta, Curia Arcivescovile di Capua e Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Caserta
– Il Castello di Carlo V a Capua. Permanenze, personaggi, segni, progetti – Ciro Robotti
Ultimo aggiornamento
10 Febbraio 2021, 11:11